Esecuzioni capitali per ora bloccate

Esecuzioni capitali per ora bloccate

In un’intervista rilasciata allo Yomiuri Shinbun, il Ministro della giustizia Satsuki Eda ha dichiarato che al momento non ha intenzione di autorizzare esecuzioni capitali.
In Giappone, anche nel caso di sentenze capitali passate in giudicato, è necessario l’ordine del Ministro della giustizia per procedere all’esecuzione del condannato.

Nell’agosto scorso è stata istituita presso il Ministero della giustizia una Commissione di studio sulla pena di morte, che sta tardando a presentare le proprie conclusioni.
Il ministro ha giustificato la sua posizione dicendo che, alla luce della situazione e del dibattito ancora in corso, non è opportuno autorizzare nuove esecuzioni finché la Commissione non avrà presentato i suoi pareri.

È da più di un anno che non si portano a termine esecuzioni capitali in Giappone.
Nelle carceri giapponesi vi sono 120 condannati alla pena capitale in attesa di esecuzione. Nonostante la legge disponga che il periodo tra il passaggio in giudicato della sentenza e l’esecuzione della pena sia al massimo di 6 mesi, in pratica esso è assai variabile.
In media un condannato a morte attende l’esecuzione per 5-7 anni, ma vi sono casi estremi, come quello di Sadamichi Hirasawa, morto in carcere di polmonite a 95 anni, 32 anni dopo la pronuncia della sentenza capitale. O quello di Sakae Menda, dichiarato non colpevole in seguito a revisione del processo, dopo 34 anni passati in carcere nel braccio della morte.

L’esecuzione avviene per impiccagione.

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