Altre due persone impiccate a Tokyo

Il Ministro della giustizia della legge (intuizione di Shisaku) Sadakazu Tanigaki ha firmato l’ordine di impiccagione per due condannati a morte: Yoshihide Miyagi, 56 anni, e Katsuji Hamasaki, 68. Entrambi membri di un gruppo di criminalità organizzata, avevano invitato due membri di un gruppo rivale in un “family restaurant”, dove li avevano uccisi, sparando 8 colpi di arma da fuoco.

La condanna è stata eseguita ieri, 26 aprile. Giusto in tempo per godersi il ponte della Golden Week: molti ministri saranno in missione all’estero.

Le due esecuzioni hanno suscitato le proteste di Amnesty International e del Ministro degli Esteri inglese Hugo Swire.
Io temo che queste pressioni esterne siano se va bene inutili. Ma c’è anche la possibilità che siano dannose, nel senso che provochino un graduale intestardirsi dei politici sulle proprie posizioni, a prescindere dal merito. Il caso della caccia alla balena è emblematico in questo senso.

Il conto sale dunque a 5 persone impiccate dal nuovo governo, in meno di 6 mesi.
In Giappone vi sono al momento 134 condannati nel braccio della morte.

Tre persone impiccate a Tokyo, Nagoya e Osaka

Il Ministro della giustizia Sadakazu Tanigaki ha firmato l’ordine di impiccagione per tre condannati a morte: Kaoru Kobayashi, 44, che rapì, torturò e uccise una bambina di 7 anni; Masahiro Kanagawa, che in un raptus uccise e ferì a coltellate alcune persone in un supermercato di Ibaraki, e Keiki Kano, che commise due omicidi.

Le impiccagioni sono state eseguite ieri. Non c’è molto da aggiungere, se non esprimere il consueto disappunto per una pratica barbara, giustificata con il solito riferimento alla volontà popolare.

Vi è un particolare però da notare, ed al quale non so dare risposta precisa: sappiamo già che nelle carceri giapponesi vi sono più di 130 condannati a morte in attesa di esecuzione, ma i tre condannati impiccati ieri erano stati condannati in tempi relativamente recenti. Pare quindi che la loro esecuzione sia avvenuta in tempi molto più rapidi di altri condannati. Sicuramente conta il fatto che alcuni degli altri condannati nel braccio della morte hanno presentato domanda di riesame del processo, ma non so se sia per tutti così. In tal caso sarebbe interessante sapere perché l’esecuzione di queste tre persone è stata decisa in via prioritaria.

Qui il primo di una serie di articoli sul metodo che si usa in Giappone per eseguire le condanne a morte, l’impiccagione, e sul dibattito per cambiare questo metodo considerato brutale.
Qui la testimonianza della madre di un condannato a morte impiccato nel 2012.
Qui la testimonianza di un giovane uomo il cui padre è nel braccio della morte.
Qui la testimonianza di un condannato a morte in primo grado, pena riformata in ergastolo in secondo grado, insieme a riflessioni sul dibattito in corso all’interno della Federazione Giapponese degli Ordini degli Avvocati sull’abolizione della pena di morte, e sulla sua sostituzione con la pena dell’ergastolo senza possibilità di liberazione condizionale. In merito a questo, era circolato un questionario tra i condannati a morte. Queste alcune delle risposte:

Yukio Kaneiwa, colpevole dell’uccisione di due persone, è favorevole all’idea perché così sarà liberato dalla paura che ogni mattina possa essere quella dell’esecuzione.

Keizo Okamoto, colpevole dell’uccisione di due persone:

“Penso che l’ergastolo senza possibilità di liberazione condizionale sia ancora più crudele della pena di morte. Perché dovrei continuare a vivere?”

Eiichi Shimoura, colpevole dell’uccisione di tre persone:

“Non credo che l’opinione pubblica possa accettare l’abolizione della pena capitale se non si introduce l’ergastolo senza liberazione condizionale.”

Un anno senza impiccagioni di Stato

La legge sugli istituti di carcerazione e sul trattamento dei detenuti ( 刑事収容施設及び被収容者等の処遇に関する法律 ) dispone all’art. 178 comma 2 che non si eseguano condanne a morte il sabato, la domenica, nei giorni di festa nazionale e dal 29 dicembre al 3 gennaio.

Si può dunque dire oggi che in tutto l’anno solare 2011 non ci sono state esecuzioni capitali. Era da 19 anni che in Giappone non passava un anno intero senza impiccagioni di Stato.

Al 27 dicembre sono 129 i detenuti in attesa di esecuzione nelle carceri giapponesi, il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale, +18 rispetto a fine 2010.

Aggiornamenti flash

  1. Cambia il governo ma non cambia l’indirizzo governativo in tema di pena di morte: il nuovo Ministro della giustizia Hideo Hiraoka ha dichiarato che non ha intenzione di approvare esecuzioni capitali nel prossimo futuro.
  2. La Corte di appello per la proprietà intellettuale di Tokyo, Pres. Toshiaki Iimura ( ? 飯村敏明 , qui la sua carriera)  ha reso un giudizio provvisorio in favore di Echigo Seika nella causa che la vede contrapposta a Sato Shokuhin Kogyo. Oggetto del contendere: un brevetto di Echigo sul modo di produrre e tagliare a pezzi il mochi in modo che quando viene scaldato non perda la forma, presentato nel 2002 e ottenuto del 2008. Le due società di Niigata sono i due leader di mercato.
    In primo grado la domanda di Echigo non era stata accolta, ma questo giudizio provvisorio riaccende le sue speranze. Nella domanda giudiziale si richiede l’interruzione della produzione e commercializzazione del mochi di Sato, e danni per 1,48 miliardi di yen, al cambio odierno circa 13,5 milioni di euro.
    Qui un video imperdibile, almeno finché resterà online: la lotta tra “fukkura katto” e “paritto suritto” .
    Nella foto, i due kirimochi a confronto: sotto Echigo, sopra Sato.

Esecuzioni capitali per ora bloccate

In un’intervista rilasciata allo Yomiuri Shinbun, il Ministro della giustizia Satsuki Eda ha dichiarato che al momento non ha intenzione di autorizzare esecuzioni capitali.
In Giappone, anche nel caso di sentenze capitali passate in giudicato, è necessario l’ordine del Ministro della giustizia per procedere all’esecuzione del condannato.

Nell’agosto scorso è stata istituita presso il Ministero della giustizia una Commissione di studio sulla pena di morte, che sta tardando a presentare le proprie conclusioni.
Il ministro ha giustificato la sua posizione dicendo che, alla luce della situazione e del dibattito ancora in corso, non è opportuno autorizzare nuove esecuzioni finché la Commissione non avrà presentato i suoi pareri.

È da più di un anno che non si portano a termine esecuzioni capitali in Giappone.
Nelle carceri giapponesi vi sono 120 condannati alla pena capitale in attesa di esecuzione. Nonostante la legge disponga che il periodo tra il passaggio in giudicato della sentenza e l’esecuzione della pena sia al massimo di 6 mesi, in pratica esso è assai variabile.
In media un condannato a morte attende l’esecuzione per 5-7 anni, ma vi sono casi estremi, come quello di Sadamichi Hirasawa, morto in carcere di polmonite a 95 anni, 32 anni dopo la pronuncia della sentenza capitale. O quello di Sakae Menda, dichiarato non colpevole in seguito a revisione del processo, dopo 34 anni passati in carcere nel braccio della morte.

L’esecuzione avviene per impiccagione.