Come tradurre gli elenchi i-ro-ha

Come tradurre gli elenchi i-ro-ha

Già in precedenza espressi alcune opinioni sulla tecnica legislativa del legislatore giapponese moderno, e avanzai un paio di suggerimenti per aumentare la chiarezza e la fruibilità dei testi di legge.
Oggi riprendiamo quel discorso, concentrando l’attenzione su un aspetto particolare dello stile legislativo giapponese: gli elenchi i-ro-ha.

Quando mi capita di leggere testi di legge giapponesi, anche moderni, c’è una cosa che mi lascia sempre un po’ sbigottito, non poco infastidito, e molto spaesato: gli elenchi i-ro-ha.
Breve spiegazione per i non iniziati: i-ro-ha è una filastrocca del periodo Heian. La sua prima documentazione storica risale al 1079. La versione originale della filastrocca è stata riscritta in giapponese moderno, ma anche la versione in linguaggio corrente non è che sia proprio in linguaggio corrente. Ma va bene, si tratta di una poesia, ci può stare.

La filastrocca è questa

I ro ha ni ho he to chi ri nu ru wo wa ka yo ta re so tsu ne na ra mu u wi no o ku ya ma ke fu ko e te a sa ki yu me mi shi we hi mo se su.

La particolarità, ed il successo della filastrocca sono dovuti al fatto che essa contiene tutte le sillabe che possono ricorrere nella lingua giapponese. Mi dicono che in passato le sillabe dell’hiragana fossero insegnate secondo l’ordine i-ro-ha. Ora pare che questo metodo didattico sia stato abbandonato in favore del più pratico a-i-u-e-o, ka-ki-ku-ke-ko, e così via fino ad esaurimento delle consonanti che possono essere legate alle 5 vocali del giapponese.

I-ro-ha tuttavia non è stata abbandonata del tutto.
Il primo esempio che viene in mente è quello della strada statale 120, che porta a Nikko. Essa contiene una serie di 48 curve -facciamo finta di dimenticare che qualsiasi strada di montagna, a seconda di dove si inizi a contare, prima o poi contiene una serie di 48 curve- che sono state denominate, con tanto di cartelli, secondo l’ordine i-ro-ha. La strada è pertanto la “Iroha-Zaka ( いろは坂 ) “.
Ma a parte questo uso pittoresco -Nikko è meta di gite scolastiche, immagino che la Iroha-Zaka dimori nei ricordi dei fanciulli e non vogliamo certo andare a toccare lì- il problema che ci tocca è che l’ordine i-ro-ha viene usato per numerare gli elementi di un elenco.
Anche quando si tratta di documenti ufficiali come i testi di legge.

La cosa come dicevo suscita in me diverse emozioni. Sono io ad essere troppo sensibile?
Rimane in ogni caso il problema di come tradurre un elenco i-ro-ha in italiano, o in qualsiasi altra lingua.

La scelta si può indirizzare in tre direzioni.

La prima è quella di fare un bel respiro, evitare di fare polemica, lasciare perdere la filastrocca e tradurre in un modo un po’ più standard: non vorrei apparire troppo etnocentrico, ma al mondo d’oggi la serie di numeri arabi 1, 2, 3, 4… e così via mi sembra un modo pratico e sufficientemente diffuso nel mondo civile da presumere che chiunque abbia a che fare con un testo di legge sia in grado di affrontarlo.
Pertanto i = 1, ro = 2, ha = 3 e così via.
In un crescendo di etnocentrismo possiamo usare le lettere dell’alfabeto, e quindi i = a, ro = b, ha = c e così via, oppure i numeri romani e quindi i = I, ro = II, ha = III, e così via.
Ad ogni modo, volendo essere cosmopoliti, probabilmente la scelta migliore è quella dei numeri arabi anche se talvolta trovare citazioni come “articolo 352 comma 2 punto 4”, o in breve “articolo 352.2.4” potrebbe appesantire la lettura o indurre malintesi.

Una seconda soluzione potrebbe essere quella di lasciare la numerazione così com’è. Quindi, l’art. 352.2.4 diventa “art. 352.2.ni“. Scelta fedele all’originale, ma incomprensibile a chi non abbia almeno qualche rudimento di giapponese, e che pertanto probabilmente non ha nemmeno troppo bisogno della traduzione.

Vi è infine una terza possibilità davanti al traduttore, ed è quella che probabilmente rende fedelmente lo spirito della legge che si intende tradurre.
Il punto è questo: la scelta del legislatore giapponese di usare una sequenza come i-ro-ha ha un significato ed un obiettivo chiaro: rendere il testo di legge più oscuro. Tutti, anche i giapponesi, sanno dire in un istante che l’11 viene dopo il 10 e prima del 12, ma sfido chiunque, anche un giapponese, a dire così, sui due piedi e con la rapidità e sicurezza dell’esempio di cui sopra, cosa venga prima e dopo る (ru), e a che punto della sequenza si trovi.
Inoltre, il fatto che sia una sequenza usata solo nell’Arcipelago rende la cosa più complessa non solo per i giapponesi ma soprattutto per chi madrelingua giapponese non è. Tradurre fedelmente significa riprodurre tale difficoltà, non tanto per sadismo fine a se stesso, ma per trasmettere e far capire come sia stato scritto e cosa implichi il testo originale.
Si tratta pertanto di trovare una filastrocca, un proverbio, una serie di lettere, sillabe, o magari anche di parole in italiano, che possa essere usata per ordinare un elenco ma che crei ostacoli più o meno fastidiosi. Sia agli stessi italiani, sia a maggior ragione a chi non conosca la cultura italiana.

Qui di seguito alcune proposte.

“Ma (li) con gran pena le reca giù”
Frase ideata per ricordare l’ordine delle sezioni delle Alpi, e che molti hanno studiato alle scuole elementari. Pro: non vi sono ripetizioni di sillabe; sufficientemente specifica alla cultura italiana. Contro: un’ipotetica lista può arrivare a 8, o al massimo 9 elementi se si aggiunge la variante inclusiva delle Alpi liguri (li).

“Di a da in con su per tra fra”
Osservazioni analoghe per la sequenza che alle scuole elementari rappresentava l’ordine delle preposizioni semplici, e che si imparava a memoria. Gli elementi possono essere aumentati drasticamente ammettendo, almeno per le preposizioni di, a, da, in, su, le varianti articolate che scaturiscono dall’unione con gli articoli il, lo, la, i, gli, le.
Quindi: 1 = del, 2 = dello, 3 = della, … 15 = dalla, etc…

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura”
I primi due versi della Commedia non contengono sillabe che si ripetono, ed esse permettono di ordinare un elenco di 20+ elementi. Accessibile dagli italiani e, con un minimo sforzo, anche da chi non sia madrelingua italiano.

I segni zodiacali
E perciò, assumendo che si parta da gennaio: 1 = Capricorno, 2 = Acquario, 3 = Pesci, e così via. Pro: è un metodo di ordinare una lista sufficientemente ridicolo, pensate a trovarvi di fronte all’ “art. 352, comma 2, lettera Ariete” della legge xy/20yz. Inoltre, non essendo chiaro se si debba partire dal mese di gennaio come ho fatto sopra, o dal segno Ariete come di solito sono ordinati gli oroscopi, può creare malintesi [e questo è un aspetto positivo, in quest’ottica]. Contro: la lista può arrivare solo fino a 12; i segni zodiacali sono più o meno conosciuti in tutto il mondo.

Penso che tutto sommato i versi del Sommo Poeta siano la scelta migliore.

6 pensieri riguardo “Come tradurre gli elenchi i-ro-ha

  1. Visto che i, ro, ha etc., in questo perverso sistema, indicano anche le note musicali (i=LA, ro=SI), può essere più fedele una traduzione che ne tiene conto? OK, ce ne sono solo 7, ma usando le alterazioni diventano 12, poi aggiungendo un numero che ne indica la tonalità non c’è limite. Se poi vogliamo rendere la cosa più astrusa, anziché nel solito ordine possiamo utilizzarle in un circolo delle quinte (do1-sol1-re2-la2-mi3-si3…..)
    Comunque secondo me in una traduzione si possono usare anche numeri o lettere normali. Tanto, per quanto astruso, non è certo questo sistema che rende le leggi giapponesi di difficile lettura/traduzione. Penso ad esempio alle parentesi annidate ognuna delle quali contiene una negazione, o alle sequenze di 並びに e 及び, dalla sottile differenza pressoché intraducibile.

    1. Uno dei miei termini preferiti (…) è 乃至 (naishi) che talvolta significa “da… a”, e talvolta “oppure”. Comunque anche nell’italiano giuridico ci sono esempi di termini insidiosi, il primo che mi viene in mente -e che andrebbe evitato come la peste- è “ovvero”, che talvolta è usato nel senso di “oppure” e talvolta nel senso di “cioè”.
      Mica male il sistema delle note 🙂

  2. Condivido quello detto da SirDic. Tantopiù che usare per esempio il verso della Divina Commedia come metodo di elencazione mantiene sì la difficoltà di comprensione, ma si perde completamente l’intento di elenco. Nel senso che un giapponese che legge i, ro, ha capisce subito che si trova di fronte ad un elenco. Tra l’altro, un elencazione abbastanza comune, oserei dire. Mentre se traduci con dei versi, o con qualsiasi altra cosa che non siano numeri o lettere, un italiano non capirà mai immediatamente che è un elenco.

    1. Bea, grazie del commento. Quello che volevo dire con un po’ di sarcasmo nel post è che negli anni 2000 i-ro-ha si potrebbe anche abbandonare in favore di altri metodi un po’ più standard… Ad ogni modo c’è del marcio nello stile legislativo in generale. Prova a dare un’occhiata alla legge sulle società (l. 86 dell’Heisei 17, tanto per restare in tema di standard), e dimmi se ti sembra una cosa umana. In particolare gli articoli 107, 170, 236, o 937: un elenco annidato arriva fino a wo e la lettera to ha al suo interno ancora due numeri (1) e (2)… Non riesco proprio a capire a cosa serva questa attenzione verso la forma, visto che il risultato come scrivevo nel post di agosto è comunque un testo illeggibile. Perversione legislativa allo stato puro.

      1. No, ok, sul fatto che sia completamente inutile e che si potrebbe anche abbandonare sono d’accordo! 😀
        Tra l’altro sì, come dici anche tu l’i ro ha viene compreso dal giapponese medio fino a un certo punto (forse arrivano al 7 o all’8) e poi boh.
        Mah, comunque conoscendo i miei polli, non mi stupisce il fatto che continuino ad usarlo :p

  3. Personalmente rimango dell’opinione che ,meglio emulare sistemi pratici che inventare di sana pianta nomenclature astruse, sia la scelta da seguire,specialmente nel così già di per sé poco chiarissimo – alla gente comune- campo specifico di cui si sta parlando nell’argomento.
    Di contorto,se proprio ci vogliamo accodare alla mentalità dei Giapponesi,potremmo utilizzare,e qui mi rifaccio all’idea sopra di Sirdick, l’intero ut,re,mi,fa,sol….in latino così come Guido d’Arezzo lo ideò. Arretreremmo storicamente addirittura la data di prima utilizzazione dello i-ro-ha e riprenderemmo in mano gli elementi linguistico-formativi che stanno alla base di molta della cultura europea,per poi non parlare del Diritto Romano. Insomma, un bello scappellotto culturale unito ad un sano amore per la Storia,visto che la nostra cultura affonda in un passato cronologicamente e storicamente lungo-datato.

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