Andrea Ortolani

Tag: droga

Tre anni di saiban’in seido (con aggiornamento 21 giugno)

E così sono passati tre anni dall’introduzione della giuria mista in materia penale, il 裁判員制度 (Saiban’in seido).

La legge che ha introdotto l’istituto imponeva al legislatore di condurre studi sull’applicazione della legge, di valutare il successo dell’istituto e di proporre modifiche e miglioramenti. Quest’anno scade il termine dettato dalla legge, pertanto assisteremo a valutazioni e a proposte di riforma del sistema.

Il Japan Times ha recentemente pubblicato due tre articoli.

Il primo prende in considerazione il rapporto tra giurati popolari e pena di morte. Grande attenzione al disagio psicologico che i giurati devono sopportare nel decidere per la sentenza capitale, ma poche risposte.
In particolare, non affiora per niente la considerazione che, se la pena di morte è un fardello così pesante per i cittadini che partecipano al processo, forse è il caso di eliminare la pena di morte, più che immaginare strane riforme della giuria mista. Purtroppo abbiamo già visto che questo governo è orribilmente conservatore in tema di pena capitale, e pare che per ora non ci siano speranze in merito ad abolizioni o moratorie. Anzi, il Primo Ministro ha cambiato Ministro della Giustizia (anche) perché non aveva autorizzato le impiccagioni.
Il prof. Kiichi Nishino citato nell’articolo è uno dei più agguerriti avversari della giuria mista. È nel suo libretto apocalittico, scritto prima dell’entrata in vigore della legge, che si suggerisce ai lettori di non rispondere mai alle convocazioni, presentando scuse tipo “La cartolina? Me l’ha mangiata il cane” o di presentarsi ubriachi la mattina della selezione in Tribunale in modo da non essere scelti come giudici popolari.

Il secondo articolo presenta dei dati.
Nei tre anni di funzionamento del sistema, da maggio 2009 (ma il primo processo è iniziato ad agosto, poiché il nuovo sistema si è applicato ai casi riguardanti reati commessi in seguito all’entrata in vigore della legge) ad aprile 2012 la giuria mista ha emesso 3.690 sentenze. 28.074 cittadini hanno partecipato ai processi come giudici popolari, e hanno pertanto partecipato attivamente votando su colpevolezza e pena, oppure come sostituti.
Sono state emese 14 pene capitali, e 18 sentenze di assoluzione.
Contro tutte le aspettative dei pessimisti alla Nishino, ed in linea con le statistiche di tutti i Paesi in cui vi sono forme di partecipazione popolare al processo, i giudici popolari si sono dichiarati soddisfatti di aver partecipato al processo nel 95% dei casi.
Problemi evidenziati dalla commissione incaricata di rivedere il sistema: forse è meglio evitare la partecipazione popolare nei processi di droga e per reati sessuali.
Per i primi, la critica è che vi sono state troppe assoluzioni. Vi sono stati infatti alcuni casi di persone trovate in aeroporto con valigie imbottite di droga che si sono difese dicendo “Non sapevo che vi fosse droga, era un regalo che mi ha dato il signor X da portare al signor Y, etc etc…”. Difficile immaginare un giudice togato che assolva, mentre i giudici popolari hanno creduto spesso all’imputato. Un caso è finito persino di fronte alla Corte Suprema, che ha sostenuto che non si possa ignorare e ribaltare facilmente il giudizio dato dai giudici popolari. Per i secondi, la preoccupazione è quella di proteggere la privacy della vittima.

La federazione degli Ordini degli Avvocati ha pubblicato una serie di documenti che esprimono diverse proposte. Tra di esse: ampliare i processi che possono essere oggetto di partecipazione popolare, modificare la disciplina relativa alla pubblicità delle prove nella fase preparatoria ( 公判前整理手続 ), la modifica delle norme relative alla richiesta dell’imputato della fase preparatoria, la modifica della procedura di voto per introdurre il principio dell’unanimità necessaria per emettere sentenze capitali, ed alleviare le sanzioni per i giudici popolari che vengono meno all’obbligo (eterno, secondo la legge in vigore) di segretezza.

Il simbolo del “saiban’in seido” (giuria mista)

Aggiornamento 21 giugno
Il Japan Times ha pubblicato un terzo articolo che descrive come l’esperienza di giudice popolare abbia stimolato spirito di partecipazione civile in un comune cittadino. Io ero un po’ scettico sulla funzione di “propulsione democratica” della giuria, e certamente non si può estrapolare una tendenza da una singola storia, però è una bella storia. Per chi ha presente i ritmi di lavoro giapponesi, è impressionante leggere con quale zelo Masayoshi Taguchi abbia intrapreso la sua missione “evangelizzatrice”:

Wanting to have the voices of the former lay judges heard, Taguchi visited all 60 district courts and their branches across Japan from January to mid-May and handed his group’s recommendations to court officials.
He also held a news conference for local media almost every time he visited a district court and explained the group’s recommendations.

Aggiornamenti flash

  1. La Costituzione giapponese vieta la tortura o le pene crudeli: art. 36. Questo non impedisce l’applicazione della pena di morte, che viene eseguita di tanto in tanto.
    La pena può avere una funzione rieducativa, anche se le strutture adeguate non sono molte. Io ne visitai una qualche anno fa. Sembrava un dormitorio aziendale.
    Ad ogni modo: è notizia di pochi giorni fa che tutte le 47 provincie del Giappone hanno allestito centri per il reinserimento degli ex-detenuti più anziani o disabili.
  2. Una giuria mista ha di nuovo reso un verdetto di assoluzione per un caso di droga, materia in cui di solito i giudizi sono molto severi, che vedeva imputato Zanis Klepeckis, cittadino lettone. Ne avevamo già parlato qui. Chissà se l’accusa presenterà appello. Dopo questa pronuncia della Corte Suprema però i giudizi delle giurie miste sembrano più “resistenti” agli attacchi che potrebbero arrivare dai collegi -composti di soli giudici togati- delle Corti di appello.
  3. Un altro follow-up su un tema a cui avevamo accennato ad agosto 2011: le autopsie. Il Mainichi riporta che potrebbero essere presentati al Parlamento due progetti di legge in materia, per permettere alle autorità di condurre l’autopsia nei casi in cui le cause del decesso siano sospette, anche senza il consenso dei famigliari.
  4. Siamo alle comiche: il preside di una scuola di Osaka, ad una cerimonia scolastica, oltre a controllare che tutti fossero in piedi, per assicurarsi che tutti rispettassero l’ordinanza del suo amico, il sindaco Hashimoto, e cantassero l’inno, ha controllato che tutti muovessero la bocca. Uno dei docenti è stato pizzicato con la bocca chiusa, ed ora la Commissione provinciale per l’educazione sta valutando se sanzionare il docente, che ha ammesso di non aver cantato ma ha promesso di cantare la prossima volta.
    Il sindaco Toru Hashimoto ha dichiarato:

「起立斉唱の職務命令が出ているのだから、口元を見るのは当たり前で素晴らしいマネジメント」
“Dal momento che per il personale vi è un ordine di stare in piedi e cantare insieme, è naturale che si controllino le labbra, ed è un meraviglioso atto di management”

Giudici popolari vs. giudici togati

Giudici popolari contro giudici togati.
Inaspettatamente la Corte Suprema si è messa dalla parte dei giudici popolari.

Il caso era questo: il 61enne Kikuo Anzai arriva nel novembre 2009 a Narita su un volo proveniente dalla Malesia. In valigia ha 1 kg di droghe sintetiche: ecstasy o anfetamine o chissà cos’altro, non si capisce mai bene a cosa corrisponda il termine 覚せい剤 kakuseizai, ma per fortuna c’è Wikipedia.

Rinviato a giudizio, il sig. Anzai viene giudicato in primo grado da un collegio misto con giudici popolari del Tribunale di Chiba. Sostiene che non sapeva della presenza della droga, contenuta dentro scatolette che lui pensava contenessero cioccolato, che un suo cliente gli aveva dato come souvenir da consegnare ad un conoscente residente a Tokyo.
Il collegio crede alla sua versione, e assolve il sig. Anzai.

La decisione viene appellata. Al giudizio di appello non partecipano giudici popolari: il collegio è costituito solo da 3 giudici togati.
L’Alta Corte di Tokyo non crede alla versione del sig. Anzai, e lo condanna a 10 anni di reclusione e ¥ 6M (€ 57.000 al cambio odierno) di multa.

Il sig. Anzai ricorre alla Corte Suprema. Che, come detto in apertura, censura la condotta dell’Alta corte e annulla la sentenza di appello.

La decisione sostiene che la corte di appello non abbia indicato con la precisione necessaria in quali punti la decisione di primo grado sia illogica, e che pertanto la riforma della sentenza di primo grado sulla base di un (supposto) errore sul giudizio di fatto sia una grave violazione di giustizia.
La sentenza è la prima che affronta questo problema, ed è destinata a fare giurisprudenza. Essa è destinata ad avere ricadute anche sul modo in cui i giudici popolari svolgono i loro compiti: sapere che le proprie sentenze, ed in particolare le valutazioni dei fatti, se non illogiche, possono reggere il vaglio delle corti superiori, è sicuramente un’importante iniezione di fiducia per il sistema della giuria mista.

La sentenza è stata adottata all’unanimità dal Primo collegio ristretto della Corte Suprema, est. Kanetsuki. Concurring opinion, in giapponese 補足意見, del giudice Shiraki.

Il testo è qui.

Aggiornamenti flash – Diritto e procedura penale edition

  1. Avete presente il caso di Shoji Sakurai e Takao Sugiyama? Ne avevamo parlato un po’ di tempo fa: si tratta di un noto caso di condanne all’ergastolo basate su confessioni ritrattate. In seguito, 35 anni dopo la sentenza, e 9 anni dopo che i soggetti erano stati ammessi alla liberazione condizionale, il Tribunale di Mito accettava la richiesta di revisione del processo. Quest’anno la vicenda si è conclusa ed il Tribunale ha completamente scagionato i due ex-carcerati.
    Bene, fin qui sono cose che più o meno sapevamo già.
    La notizia di oggi è che il caso in questione, il “caso Fukawa”, è riportato nel libro di testo rivolto ai giudici che riporta casi letteralmente “di scuola” ove il problema in questione è la credibilità delle confessioni: 「自白の信用性-被告人と犯行との結び付きが争われた事例を中心として-」”La credibilità delle confessioni: con particolare riguardo ai casi in cui si è dibattuto il collegamento tra imputato e reato“.
    L’aspetto curioso è che il caso Fukawa viene portato come esempio di confessione veritiera. Bum!
    Il libro di testo sostiene infatti che le contraddizioni siano da attribuire allo stato di eccitazione e confusione successivo alla commissione del delitto, all’intenzione degli indagati di sminuire le proprie responsabilità e di confondere la confessione mischiando fatti reali e inventati. In conclusione, la credibilità della confessione non ne è intaccata.
    L’avvocato dei sig.ri Sakurai e Sugiyama ha chiesto che i riferimenti al caso siano eliminati dalle prossime edizioni del libro, ma la Corte Suprema non ha per ora rilasciato commenti significativi.
  2. L’ufficio del pubblico ministero di Shizuoka ha reso pubblici 176 reperti probatori relativi a un omicidio commesso nel 1966, per il quale il sig. Iwao Hakamada è stato condannato a morte nel 1968.
    La condanna non è stata ancora eseguita (43 anni nel braccio della morte) e il collegio difensivo spera in una riapertura del caso.
  3. Un cittadino lettone, Zanis Klepeckis, fu fermato nell’ottobre 2010 all’aeroporto di Narita con 10 kg di droghe sintetiche nel proprio bagaglio. Il processo per traffico di sostanze stupefacenti che inizia nei suoi confronti in questi giorni è di competenza della giuria mista, e si avvia ad essere uno dei più lunghi processi con saiban’in, sia perché l’imputato intende negare tutte le accuse, sia perché le procedure di interpretariato e traduzione richiedono tempo. Si prevede una durata di un paio di mesi.
    La pubblica accusa non ha perso l’occasione per attaccare il sistema e ha dichiarato che un processo così lungo costituisce un fardello troppo pesante per i (sei) cittadini chiamati a parteciparvi.

CAUTION! ILLICIT DRUG USE PROHIBITED!!! (parte II)

Nei commenti al post sul manifesto antidroga si parlava della mail che l’Università di Tokyo inviò a tutti gli studenti, quando un suo studente fu arrestato per aver cercato di importare 6 grammi di hashish.

L’ho ritrovata, eccola qui:

A tutti gli studenti dell’Università di Tokyo

Recentemente uno studente straniero di questa Università è stato arrestato per violazione della legge sul controllo della cannabis.

Già in precedenza, considerando che i casi relativi all’uso di cannabis tra gli studenti sono diventati un grande problema sociale, questa Università ha richiamato più volte l’attenzione sul problema, ed è estremamente increscioso, ed una grande delusione che ciò si sia verificato.

L’Università di Tokyo riconosce la gravità della situazione, e intende prevenirne assolutamente il ripetersi.

Inutile a dirsi, il possesso e l’uso di cannabis e di altre droghe illegali sono reati gravi, e anche come Università prenderemo contromisure rigorose.

Questa Università ancora una volta richiama formalmente l’attenzione degli studenti.

22 gennaio 2009
Direttore – Prorettore (Responsabile studenti)
Makoto Asashima

Il titolare non è su facebook e quindi non può controllare se non attraverso la cache di google, ma cercando la notizia pare che via sia la lettera aperta di risposta a cui facevo riferimento, scritta dal brillante collega: cercando “Open letter to the Vice-President of the University of Tokyo” dovrebbe essere tra i primi risultati.

CAUTION! ILLICIT DRUG USE PROHIBITED!!!

Sì, proprio così, con tre punti esclamativi, stile messaggini tardoadolescenziali.

Ancora per la serie “Ordine sociale giapponese”, ecco il manifesto di cui parlavo qualche post fa.

Notare il messaggio:

Qualsiasi studente o dipendente dell’Università di Tokyo scoperto ad essere coinvolto in qualsiasi condotta criminale
sarà punito severamente dall’Università.

Non “saranno denunciati alle Autorità competenti”, “saranno puniti a norma di legge”, o espressioni simili.
No: saranno puniti dall’Università.

Una volta che ho tempo e pazienza mi piacerebbe sentire i responsabili del manifesto, se non sono già cambiati, e chiedere un po’ quali siano le fattispecie relative a “qualsiasi condotta criminale”, e le pene previste… Perché un principio cardine del diritto penale moderno è il principio di irretroattività, anche in Giappone.
Non è che dopo la commissione del fatto si possa decidere arbitrariamente cosa costituisca una “condotta criminale”, e altrettanto discrezionalmente stabilire una sanzione, giusto?

Ah, già, dimenticavo, questa non è materia penale.

Di un manifesto, del diritto d’autore e dell’ordine sociale giapponese (II)

Stavamo dunque parlando di un manifesto affisso all’Università, e di cosa ci dice riguardo all’atteggiamento giapponese nei confronti della proprietà intellettuale.
In questo post invece vedremo cosa ci rivela quel manifesto sull’ordine sociale giapponese.

Alcune analisi classiche spiegano l’ordine sociale del Giappone moderno come il risultato dell’influenza della morale confuciana, condivisa da tutta la popolazione, o del controllo esercitato direttamente dallo Stato attraverso l’amministrazione. In sostanza, un sistema monistico, con la norma etico-religiosa, o lo Stato, a capo di tutto, ed i soggetti direttamente sotto, unificati dall’osservanza a questa norma.

Continua a leggere