Andrea Ortolani

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La mentalità giuridico-legalista dei giapponesi

Leggete questo pezzo, che descrive come alcune persone in Giappone, per la colpa di essere nate da genitori non sposati e che per una serie di motivi non hanno registrato ufficialmente la propria nascita agli uffici comunali, nel registro di famiglia, sono sostanzialmente prive di alcuni tra i diritti più elementari.
Il fatto che i loro genitori non abbiano seguito la legge fa sì che questi soggetti non possano ottenere certificati di nascita, di residenza, e di conseguenza non possano aprire un conto in banca, prendere la patente, ottenere un passaporto, con tutte le conseguenze sul piano sociale, lavorativo, etc… che si possono immaginare.
Si tratta di persone in carne ed ossa, che  sono vive e respirano, parlano, si presentano agli uffici dell’anagrafe, ma poiché mancano alcuni timbri e iscrizioni sul koseki, il registro di famiglia, è come se non esistessero. Invisibili.

Pensateci un attimo, e poi pensate a chi parla della mentalità giuridica sottosviluppata dei giapponesi. Al contrario, qui io vedo il trionfo di un tipo di legalismo burocratico, che fa della legge un idolo indiscutibile e immutabile.

Forse qualcosa si muove, oltre all’attivismo citato nell’articolo, anche nelle aule giudiziarie.
La Corte Suprema esaminerà due casi in tema di diritto di famiglia, in composizione plenaria, il 4 novembre 2015.
Il primo sulla possibilità per tutti gli individui sposati di mantenere il proprio cognome: ora questo è un privilegio che spetta solo alle coppie in cui un coniuge non è di nazionalità giapponese. Nel matrimonio tra due giapponesi infatti, uno dei due, nei fatti di solito la moglie, deve perdere il proprio cognome per acquistare quello dell’altro coniuge (art. 750 c.c. Jpn). La sua persona viene cancellata dal registro di famiglia dei genitori, andando così a finire sul nuovo registro di famiglia, cioè quello del coniuge che ha mantenuto il cognome, il capofamiglia.
Il secondo caso verte sulla disposizione del codice civile che impedisce alla donna divorziata di risposarsi prima che siano passati 6 mesi dal divorzio (art. 733 c.c. Jpn).
Le sentenze potrebbero arrivare entro l’anno.

I giudici della Corte Suprema (XI)

I tempi cambiano e la Corte Suprema del Giappone ha tradotto in inglese i profili dei giudici: il link è sul nome in caratteri latini. Il nome in kanji rimanda come al solito alla pagina in giapponese.

Toshimitsu Yamasaki ( 山﨑 敏充 )

Di estrazione giudiziaria. Una persona brillante: laurea all’Università di Tokyo nel 1973, passa l’esame per le professioni forensi al primo colpo, prima nomina a Tokyo, poi 4 anni alla Corte Suprema. 1 anno a Okinawa e poi altri 8 anni alla Corte Suprema, poi si sposta di poche centinaia di metri al Tribunale di Tokyo. Torna per altri 8 anni agli uffici della Corte Suprema. Breve periodo a Chiba, e poi per la terza volta negli uffici della Corte Suprema fino al 2012, quando ricopre la carica di segretario generale.
Insomma, un predestinato.

Hobbies: leggere, visitare luoghi di importanza storica.
Nominato il 1 aprile 2014, membro del terzo collegio ristretto.
Qui i principali giudizi a cui ha partecipato nel 2014.

Masayuki Ikegami池上 政幸 )

Un ex pm, laureato in Giurisprudenza all’Università del Tohoku nel 1975. Divide la sua carriera tra attività di pm, ministero della giustizia e posizioni apicali negli uffici centrali della magistratura inquirente. Motto: 「激せず躁(さわ)がず,事に臨んでは冷静・沈着に」(Non ti scaldare, non ti eccitare, sii calmo e freddo quando affronti un problema). Uno dei suoi libri preferiti parrebbe essere questo, del filosofo francese Alain
Hobbies: passeggiare in luoghi di importanza storica, musica classica.
Nominato il 2 ottobre 2014, membro del primo collegio ristretto.
Qui i suoi principali giudizi del 2014.

Naoto Otani大谷 直人 )

Ex giudice. Laurea all’Università di Tokyo nel 1975, passa subito l’esame per le professioni forensi. Divide la sua carriera tra i tribunali, l’insegnamento alla scuola per le professioni forensi e -guarda caso- gli uffici della Corte Suprema, dove alla fine trascorrerà un totale di 21 anni, su 38, arrivando a ricoprire la carica di segretario generale dal 2012 al 2014 (è il successore del giudice Yamasaki).
Nella sua presentazione spende qualche parola di moderato apprezzamento sulla giuria mista (saiban’in seido). Libri: apprezza le opere ambientate a Osaka, dove ha vissuto per la prima volta passati i 60 anni, ed in particolare quelle di Makate Asai, Kanako Nishi, Tomoka Shibasaki e Kikuko Tsumura.
Si rilassa leggendo libri e ascoltando musica in linea con il suo stato d’animo. Cita tra le sue opere preferite Bleak House di C. Dickens, per quello che sa dire sulla natura della giustizia e sulla responsabilità dei giuristi.
Nominato il 17 febbraio 2015, membro del primo collegio ristretto. 

(puntata precedente)                                                                                               (continua)

Giudici popolari vs. giudici togati II

Tra i motivi dell’introduzione della giuria mista in campo penale (il saiban’in seido) vi era la volontà di giungere a decisioni più aderenti allo spirito e al comune sentire del popolo giapponese.
Alcune voci critiche del sistema evidenziavano il rischio che, con l’introduzione dei giudici popolari avremmo assistito ad una più spiccata disparità tra pene comminate a soggetti condannati per casi analoghi (uno dei punti di forza del sistema penale giapponese è l’accuratezza nella quantificazione della pena, almeno per quanto riguarda i crimini violenti), o più in generale il rischio che i giudici popolari fossero più mossi dall’emozione e adottassero una tendenza a comminare pene più severe. Avevamo già scritto più di due anni fa su alcuni casi in cui questi problemi si erano presentati.
Secondo uno studio della Corte Suprema i giudici popolari hanno la tendenza a comminare pene più severe rispetto ai giudici togati.

Il problema si è puntualmente presentato ed ha risalito tutta la gerarchia del sistema giudiziario fino ad approdare alla Corte Suprema.
La quale ha ristabilito l’ordine e modellato la pena secondo gli standard usati dai giudici togati prima dell’introduzione della giuria mista. Annullando così le condanne a morte (o meglio: confermando le sentenze delle Alte Corti (collegi composti di soli giudici togati) che in precedenza avevano già annullato le condanne a morte decise dai collegi partecipati dai giudici popolari.

Da una parte, è naturale essere contenti per il risultato pratico: meno condanne a morte è in ogni caso una cosa positiva.
Dall’altra tuttavia non si può non riconoscere che la riforma delle sentenze da parte dei giudici togati va contro lo spirito della legge sulla giuria mista, svuotando l’istituto di uno dei principali motivi per cui era stato introdotto… o almeno, per cui si diceva essere stato introdotto, cioè l’introduzione del senso comune popolare nella giustizia penale.
Forse l’obiettivo era un altro: tentare di arginare il fenomeno delle confessioni estorte con varie tecniche, e porre un filtro al collegamento, secondo alcuni troppo stretto, tra PM e giudici.

Aggiornamenti flash

  1. Per la prima volta, la Corte Suprema del Giappone ha confermato la sentenza di morte comminata da un collegio misto di giudici e saiban’in.
    In totale, le sentenze di condanna a morte comminate dai giudici popolari sono finora state 21, e quattro sono diventate definitive senza che vi sia stato un intervento della Corte Suprema.
    Qui l’Economist sulla pena di morte in Giappone.
  2. Ricordate il caso degli scommettitori professionisti sui cavalli? Questo articolo un po’ vecchio riassume la contesa tra scommettitori e ufficio delle tasse.
    Il Tribunale di Osaka ha dato ragione agli scommettitori, ha dichiarato cioè che le spese sostenute per comprare i biglietti possono essere valutate come spese e dedotte dalle vincite. Si tratta però del caso in materia civile, poiché la stessa persona è stata già giudicata in primo e secondo grado per il reato di evasione fiscale: è stato dichiarato colpevole, con sospensione condizionale della pena, ma il caso pende ora di fronte alla Corte Suprema.
  3. Secondo caso (di cui si ha notizia) di applicazione della Convenzione dell’Aia sulla sottrazione internazionale di minori. Anche in questo caso, piuttosto sorprendentemente, si tratta di un minore sottratto al genitore giapponese e portato fuori dal Giappone. Il tribunale svizzero ha ordinato il ritorno del minore (8 anni) nel suo luogo di residenza abituale, il Giappone.

Suggerimenti per la lettura

1. Ulv Hanssen, “Abe looks through legal loophole for collective self-defence”

Ulv Hanssen (Doctoral candidate, Freie Universitat Berlin) ha scritto un breve articolo per l’East Asia Forum in cui mostra, basandosi su fonti in giapponese e su cablogrammi desegretati nel 2008, come la famosa decisione della Corte Suprema nel caso Sunagawa (1959), in cui si decideva della costituzionalità della presenza di truppe americane sul territorio giapponese, fu pilotata da influenze extra-giuridiche. In particolare, è documentato che il Presidente della Corte Suprema giapponese del tempo, Kotaro Tanaka,  si incontrò più volte, segretamente, con l’ambasciatore americano in Giappone.
Dopo la “revisione dell’interpretazione” delle norme costituzionali in materia di diritto di autodifesa collettiva, dichiarata nei giorni scorsi da Abe, queste rivelazioni assumono un significato assai importante.

2. J. Mark Ramseyer, “Who Hangs Whom for What

Titolo in italiano: “Chi impicca chi e perché”.
Un’importante analisi delle condanne a morte in Giappone e dei giudici che le hanno pronunciate.
Le conclusioni: i giudici più brillanti (almeno secondo il giudizio dei loro pari) hanno una tendenza meno spiccata a pronunciare condanne a morte.

Comunicazione di servizio: il Massimario

Siamo lieti di annunciare la pubblicazione, per i tipi di Giuffré, del volume “Il Massimario. Proverbi annotati di diritto comparato” .
Il volume è un Liber Amicorum di amici, allievi e colleghi del Prof. Gabriele Crespi Reghizzi. A ciascun autore è stato chiesto di commentare in termini “giuridici” un proverbio a scelta. Studiosi di ordinamenti diversi da quello italiano sono stati incoraggiati a commentare proverbi del paese oggetto dei loro studi.

Perché ne parliamo qui? Perché il Giappone è ben rappresentato, con ben due proverbi: uno a cura del sottoscritto e l’altro a cura del titolare del blog.

Io ho commentato il proverbio “地震雷火事親父” (“Jishin, Kaminari, Kaji, Oyaji”: [Le cose da temere sono] il terremoto, il fulmine, il fuoco, il padre) alla luce della legislazione civile dell’epoca Meiji, che conferiva ampie prerogative al capofamiglia maschio, rendendolo così “temibile”.

Andrea Ortolani ha commentato il detto “十人十色” (“Junin Toiro”: Dieci persone, dieci colori) spiegando la procedura in base alla quale i giudici della Corte Suprema possono esprimere opinioni concorrenti o dissenzienti rispetto al giudizio principale. Tale caratteristica della procedura civile giapponese è insolita per un paese di civil law.

Cliccando sui link seguenti trovate un assaggio dell’opera: l’indice del volume ed il contributo di Andrea Ortolani, Junin Toiro.

copertina

La copertina del volume: Goya, ¿Si sabrá más el discípulo?

I giudici della Corte Suprema (X) – con aggiornamento

Il 20 luglio scorso il giudice Yukio Takeuchi del Secondo collegio ha compiuto 70 anni ed ha quindi lasciato il suo posto di giudice della Corte Suprema.
Il 20 agosto è stato nominato al suo posto il giudice Tsuneyuki Yamamoto.

Tsuneyuki Yamamoto ( 山本 庸幸 )

Nato il 26 settembre 1949.
Si laurea a 24 anni, nel 1973, presso l’Università di Kyoto, Facoltà di diritto. L’anno precedente aveva già passato l’esame per l’assunzione come impiegato pubblico di livello superiore in materie giuridiche. Conseguita la laurea entra al Ministero del Commercio Estero e dell’Industria.
Trascorre 25 anni con varie cariche al Ministero finché nel 1998 viene promosso all’Ufficio legislativo del governo, dove rimarrà fino al 2013. Negli ultimi anni affianca alla sua attività presso gli uffici governativi l’insegnamento, all’Università di Tokyo e all’Università Waseda.
Il 20 agosto 2013 è nominato giudice della Corte Suprema, Secondo collegio ristretto.

Come intende svolgere la sua missione il giudice Yamamoto? Dichiara: “farò del mio meglio per compiere il mio dovere, sfruttando la conoscenza e l’esperienza nelle cose giuridiche acquisita in 40 anni di servizio come impiegato pubblico, con l’obiettivo di prendere decisioni giuste ed eque sulla base della legge, delle prove e della mia coscienza”. Interessante questo richiamo alla coscienza.

Parola o detto preferito
Il suo motto personale è stato da sempre “Con tutto il cuore” ( 誠心誠意 ); tuttavia, “Se vuoi, ce la puoi fare” ( 為せば成る) è la frase che lo guida nei momenti difficili.
Se qualcuno ha traduzioni migliori prego, i commenti sono lì per quello.

Libri preferiti
I libri che hanno influito sullo sviluppo intellettuale e sulle scelte di vita del giudice Yamamoto, indirizzandolo verso la carriera nell’apparato pubblico sono stati quelli letti al tempo dei movimenti studenteschi all’università: 官僚たちの夏 (Kanryotachi no Natsu – L’estate dei burocrati) di Saburo Shiroyama, e 坂の上の雲 (Saka no Ue no Kumo – La nuvola sopra il pendio) e 街道を行く (Kaido wo Yuku – Sulle autostrade ) di Ryotaro Shiba: a quanto pare, uno tra gli autori preferiti dai giudici giapponesi.

Hobby
Qui il giudice Yamamoto si dilunga. È forse il giudice che spende più parole a descrivere i suoi hobbies, sport, e le sue attività nel tempo libero. Piuttosto eclettiche, tralaltro.
Sport: iniziò a giocare a golf, ma lo abbandonò in favore del tennis.
Hobbies: viaggi e fotografia. Il giudice Yamamoto puntualizza che ha visitato 29 paesi stranieri facendo due volte il giro del mondo, e 45 delle 47 province del Giappone. Chissà quali sono le due province che gli mancano ancora!
Inoltre, dichiara di essere appassionato di computer e tecnologia.
Oltre a scrivere testi giuridici, il giudice si appassiona alla cosmologia e alla fisica delle particelle, teoria delle superstringhe e materia oscura.

Michael Cucek di Shisaku ricorda il retroscena sulla nomina del giudice Yamamoto alla Corte Suprema: egli è stato nominato, in un classico esempio di promoveatur ut amoveatur, per fare spazio a Ichiro Komatsu, ex diplomatico in sintonia con il piano del Primo ministro Abe di modificare la Costituzione giapponese attraverso una modifica della sua interpretazione.
Ora Yamamoto si troverà a giudicare della costituzionalità delle elezioni, di cui Avevamo parlato in precedenza delle cause promosse sulla costituzionalità delle elezioni (capitolo uno, due, tre, quattro), che hanno portato Abe al governo.
Le sentenze sono attese a breve. Yamamoto non parteciperà alla decisione: il collegio della Corte Suprema sarà composto da 14 membri, perché Yamamoto era membro dell’Ufficio legislativo nel momento in cui la norma in questione veniva decisa. Grazie all’aggiornamento di Michael Cucek.

(puntata precedente)                                                                                               (continua)

Ancora su figli legittimi e illegittimi: Corte Suprema e anagrafe locali

Con sentenza del 26 settembre scorso, la Corte Suprema (Primo collegio ristretto) ha reso un’altra importante sentenza in materia di figli legittimi e non legittimi.

La vicenda riguardava una coppia di Setagaya che non aveva indicato nel certificato di nascita se il figlio fosse legittimo o illegittimo, e si era vista rifiutata la registrazione del documento presso gli uffici della ricca circoscrizione di Tokyo.
La coppia lamentava una violazione dell’art. 14 Cost. (uguaglianza) da parte della legge sul registro di famiglia, che impone di indicare se il figlio sia legittimo o illegittimo.

La pronuncia ha deciso così: la disposizione di legge non è incostituzionale, tuttavia non è obbligatorio che sui moduli sia segnato se il figlio è legittimo o meno: le autorità locali possono decidere di non richiedere che si specifichi tale dettaglio, poiché in ogni caso si può risalire a tale informazione attraverso altri documenti in possesso delle autorità.

Qui la sentenza, resa all’unanimità, con opinione concorrente del giudice Sakurai.

La città di Akashi, nella provincia di Hyogo, è stata la prima a modificare le proprie pratiche sulla base di questa sentenza.
La città dichiarava che, in occasione della registrazione della nascita, i suoi uffici dell’anagrafe non avrebbero più chiesto di riempire la casella in cui fino a qualche giorno fa occorreva segnare “figlio legittimo” o “figlio non legittimo”. Da un articolo dell’agenzia di stampa Jiji.com, ecco una foto che compara modulo vecchio e nuovo:

Il Ministero della Giustizia tuttavia dichiarava che il modulo è contrario alla legge, che richiede che lo status del figlio sia esplicitamente dichiarato, e non escludeva la possibilità di un richiamo o altri provvedimenti da parte dell’ufficio competente per territorio (Kobe).
La città di Akashi è dunque ritornata sui suoi passi e ha ritirato il nuovo modulo.

I giudici della Corte Suprema (IX)

Il 23 aprile scorso il giudice Mutsuo Tahara del Terzo collegio ha compiuto 70 anni ed ha quindi lasciato il suo posto di giudice della Corte Suprema per raggiunti limiti di età.
Due giorni dopo è stato nominato al suo posto il giudice Michiyoshi Kiuchi.

Michiyoshi Kiuchi ( 木内 道祥 )

Nato il 2 gennaio 1948.
Si laurea nel 1973 presso l’Università di Tokyo, e passa l’esame per le professioni forensi nello stesso anno. Due anni dopo, terminata la pratica, si iscrive all’ordine degli avvocati di Osaka.
Nel 1978 inizia a ricoprire cariche in varie commissioni di studio e riforma del diritto civile, ed in particolare del diritto fallimentare, dell’Ordine degli avvocati di Osaka e della Federazione nazionale degli Ordini degli avvocati (JFBA). Nel 2001 è nominato membro della commissione del Ministero della Giustizia sulle controversie in materia di statuto personale, e nel 2003 fa parte di un comitato dela Corte Suprema sulla stessa materia.
In quest’ultima parte della sua carriera presiede commissioni di studio sul diritto di famiglia, statuto personale e procedure non contenziose, sia a livello nazionale che locale. Nel 2010 è chiamato a presiedere la commissione dell’Ordine degli avvocati di Osaka sulla Convenzione dell’Aia.
È nominato giudice della Corte Suprema il 25 aprile 2013.

Commento su come interpreta la sua missione di giudice: ascoltare ogni caso a mente aperta e compiere decisioni che ottengano la fiducia dei cittadini.

Detti preferiti: forse non si tratta di un detto o proverbio, ma al giudice Kiuchi piace la frase “Non bisogna essere legati ai propri successi”.

Libri preferiti: tra i libri letti recentemente, Tocqueville’s Discovery of America di Leo Damrosch. Inizierà a rileggere il diario della cd. “Missione Iwakura” scritto da Kunitake Kume, 米欧回覧実記 (Beio kairan jikki, Diario della visita in America e Europa).

Hobbies: leggere romanzi storici giapponesi. Il giudice Kiuchi si dichiara dispiaciuto della scomparsa recente della scrittrice Aiko Kitahara ( 北原 亞以子 )

(puntata precedente)                                                                                               (continua)

La riforma dei collegi elettorali

L’ottimo Shisaku ha scritto un post sulla proposta di riforma dei collegi elettorali.

In sostanza, si dice, la proposta di riforma, che è già stata approvata dalla Camera dei Rappresentanti, è una sfida alla Corte Suprema, che quest’estate dovrà decidere sulla costituzionalità della legge elettorale.
Questo perché la riforma, che viene chiamata “+0/-5”, prevede solamente di eliminare 5 collegi elettorali senza aggiungerne alcuno. La disparità tra il numero di elettori dei collegi più popolosi e quello dei collegi meno popolosi si attesterebbe di un soffio sotto la soglia -già dichiarata incostituzionale- del doppio, e quindi potrebbe formalmente essere reputata costituzionale.
Il problema è che si tratta di una riforma minima, e per via dei flussi migratori interni e delle dinamiche demografiche, al momento delle elezioni la disparità potrebbe essere di nuovo oltre la soglia del doppio.

Insomma, se una riforma più profonda e condivisa dall’opposizione potrebbe mostrare la buona volontà della coalizione al governo, e spingere così la Corte Suprema a trovare una soluzione di compromesso, l’ostinazione dimostrata finora è a tutti gli effetti una sfida alla Corte Suprema -e di riflesso, alla Costituzione.
La decisione sui casi riuniti non sarà scontata, e potrebbe essere uno dei casi più importanti degli ultimi anni con conseguenze politiche assai profonde.

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