Il caso Olympus prosegue

Il caso Olympus prosegue

È da dieci giorni che mi dico, appena si calmano un po’ le acque sul caso Olympus, scrivo un post di aggiornamenti e faccio un po’ il punto della situazione.
Il problema è che ogni giorno ne esce una nuova e si riesce a malapena a starci dietro.

Allora, andando con ordine.
In un primo tempo avevano negato tutto. Come da manuale. Molto bella questa presentazione datata 27 ottobre in cui ancora si sosteneva la legittimità delle operazioni condotte.

Pian piano stanno venendo fuori un po’ di cose. L’8 novembre Olympus ha ammesso che le acquisizioni sono servite a coprire perdite avvenute a partire dagli anni 1990, e ha nominato una commissione indipendente con il compito di capire che cosa sia successo e dove siano finiti i soldi. In pratica, Olympus falsificava i bilanci dal 1990, ma nessuno se ne era accorto fino al mese scorso.
Il buco potrebbe essere enorme, il più grande scandalo finanziario del Giappone moderno, e condurre la società al fallimento. Ai primi di novembre Olympus aveva perso alla borsa di Tokyo più dell’80% del valore che aveva prima dello scoppio dello scandalo, ed è stata -e in effetti continua ad essere- ad un passo dal delisting.

Sul ruolo delle società di revisione contabile: il ramo giapponese di KPMG nel 2009 aveva sollevato alcuni dubbi sulle acquisizioni, ma aveva comunque approvato i bilanci. Dall’esercizio successivo Olympus si è servita del ramo locale di Ernst & Young. Quando un revisore inizia a lavorare per una società, le norme giapponesi sulla revisione dei bilancio prevedono che esso sia tenuto a chiedere al suo predecessore 13 domande ben definite, tra le quali se vi siano stati disaccordi con l’azienda sulla gestione dei conti.
Per ora tuttavia non è trapelato nulla su questo punto.

Alla fine la polizia giapponese si è vista costretta a fare qualcosa. In questo weekend gli amministratori di Olympus del periodo in questione hanno avuto colloqui “volontari” con la polizia. Naturalmente si inizia a vociferare che parte del denaro sia stata pagata ai gruppi violenti alla yakuza, affinché non rivelasse precedenti falsi in bilancio, ma per ora la società smentisce.
Woodford sta collaborando con l’F.B.I. e la Securities Exchange Commission statunitense, oltre al Serious Fraud Office in Inghilterra. Questa settimana tornerà nell’Arcipelago per parlare con gli investigatori giapponesi. L’ex-presidente di Olympus Medical Systems, Koji Miyata, ha lanciato una homepage, “Olympus Grassroots”, attraverso la quale auspica il ritorno di Woodford ai vertici di Olympus.

Ci si chiede quali potranno essere le conseguenze per gli amministratori della società.
In teoria, per i reati prospettati vi sono pene fino a 10 anni di reclusione, ma il sistema giapponese non brilla per severità nei confronti dei crimini del colletti bianchi. A meno di avere addosso l’immagine del giovane ribelle anti-establishment, di quello che ha lasciato a metà il corso di laurea a Todai perché “non si imparava niente”, di quello che non metteva mai la cravatta e che ha deciso di non ammettere il suo reato -e avere con tutta probabilità la pena sospesa- ma di dare battaglia in tribunale. Insomma, avete capito di chi sto parlando: Takafumi Horie a.k.a. Horiemon.

Ho letto da qualche parte che si sta già pensando a una riforma della corporate governance. Io ho qualche dubbio sul fatto che basti cambiare una legge.

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