Andrea Ortolani

Tag: privacy

Convegno: La genetica ai tempi del GDPR

Ricevo e segnalo dall’amico Andrea Monti notizia del convegno “La genetica ai tempi del GDPR: Privacy e data protection tra ricerca scientifica e accertamento penale”, al quale interverrà il prof. Hiroshi Miyashita (Università Chuo di Tokyo), tra i maggiori esperti di diritto della privacy in Giappone. Il convegno ha il patrocinio, tra gli altri, dell’Associazione Italo-Giapponese per il Diritto Comparato.

Appuntamento per mercoledì 9 maggio 2018 – h 14.00 – 18.00, Università degli Studi Roma Tre, Sala del Consiglio – via Ostiense 159, Roma.

Qui la locandina dell’evento con il programma completo:

Copia di ConferenzaRoma3.jpg

 

I giapponesi che fanno causa (XXI)

45. Fare causa al capo della yakuza

Una donna di Nagoya paga per 12 anni tra i 30.000 ed i 100.000 yen al mese alla yakuza per “protezione”. Nel 2008 cerca di porre fine ai pagamenti ma il gruppo malavitoso locale la minaccia, dicendole che il suo ristorantino potrebbe andare a fuoco.
Poiché il gruppo è affiliato con lo Yamaguchi-gumi, il gruppo yakuza più grande del Giappone, la donna presenta causa contro il boss Shinobu Tsukasa (司 忍 , questo il suo nome d’arte, il nome vero è Ken’ichi Shinoda 篠田 建市 ), sulla base della dottrina della responsabilità del datore di lavoro.

46. Targa? No grazie.

In Giappone le targhe delle automobili riportano il nome di una località, che coincide con l’area di residenza del proprietario. A Tokyo, nonostante l’area metropolitana (to) sia divisa in 23 ku (circoscrizioni?) e diverse città (shi), le targhe riportano una delle seguenti denominazioni: Adachi, Hachioji, Nerima, Shinagawa o Tama.
Il Ministero dei trasporti ha deciso di aggiungere alcune località all’elenco dei nomi che possono comparire sulla targa delle automobili. A Tokyo, nell’area di Shinagawa è stata identificata un’area che corrisponde alla zona di Setagaya, sobborgo ricco nella parte sud della metropoli, ed è stato deciso di attribuire una targa con la denominazione di questa zona.
Alcuni residenti non sono d’accordo poiché l’area di Setagaya è relativamente piccola e questo, a detta loro, viola la loro privacy. Il Japan Times riporta che alcuni di essi faranno causa al Ministero dei trasporti.
Qui il sito di protesta contro la targa “Setagaya”.

(puntata precedente)

Google Street View: una pronuncia in Giappone

Una 20enne di Fukuoka ha perso anche in appello la causa che aveva presentato contro Google Japan.

La controversia sorse quando la signorina si accorse che la modalità “Street View” del servizio Google Maps raffigurava la sua casa e le sue mutandine appese ad asciugare sul balcone.
Ritenne che questa fosse una violazione della sua privacy, e chiese a Google Japan un risarcimento di 600.000 jpy (circa 6.000 eur) come 慰謝料 (“isharyo“: grosso modo, danni morali) per il peggioramento delle sue condizioni psicologiche dopo la scoperta.
Già in primo grado il Tribunale distrettuale di Fukuoka aveva rigettato le richieste della parte attrice.

Il 13 luglio l’Alta Corte di Fukuoka (pres. Motoaki (?) Kimura, 木村 元昭 ) ha confermato la sentenza di primo grado. La sentenza non è ancora disponibile online, ma fonti giornalistiche citano alcuni passi dalla motivazione:

「下着を干していることまではわからず、表札や看板など個人名などがわかるものも映っていない(…)ベランダに焦点を当てて撮影、公開しておらず、私生活の平穏が侵害されたとは認められない」

Non si capisce che sia stesa della biancheria intima, e non è stata fotografata la targhetta da cui si possa risalire al nome (…) la foto non è stata scattata e pubblicata mettendo a fuoco il balcone e non possiamo accogliere la tesi secondo cui vi sia stata una violazione della tranquillità della vita privata (= privacy)

Secondo gli avvocati della donna, si tratta della prima causa presentata in Giappone contro Google in relazione al servizio Street View.

Aggiornamenti flash

  1. In Italia per svuotare le carceri pensano all’amnistia, in Giappone eseguono le condanne a morte. Tre condannati sono stati impiccati giovedì 29 marzo, su ordine del ministro della giustizia Toshio Ogawa, che dichiara:
    – Ho solo fatto il mio dovere di ministro della giustizia.
  2. Un uomo nota che la funzione di autocompletamento di Google, battendo il suo nome, associa il suo nome a reati gravi. L’uomo chiede che il famoso motore di ricerca statunitense rimedi a questo inconveniente, che sostiene essere alla base del suo improvviso licenziamento e delle seguenti mancate assunzioni.
    Il Tribunale distrettuale di Tokyo ha emanato il 19 marzo un provvedimento d’urgenza che accoglie le richieste dell’uomo e ordina a Google di disattivare la funzione di autocompletamento. Google ha dichiarato però che non seguirà l’ordine del tribunale giapponese perché la sede della società è in USA e pertanto non soggetta alla legge giapponese, e perché le funzioni di autocompletamento sono automatiche, non intenzionali e non possono configurare una violazione di privacy.
    L’esperto di privacy dell’Università di Niigata, prof. Masatomo Suzuki, pur riconoscendo la comodità della funzione, peraltro adottata anche da altri motori di ricerca, appoggia la decisione del Tribunale. (grazie a Elena Falletti per la segnalazione)
  3. Decisione del Tribunale distrettuale di Osaka (siamo dunque al primo grado di giudizio) in materia di risarcimento dei danni da amianto. La corte, presieduta dal giudice Ken’ichi Ono ( 小野 憲一 ) ha riconosciuto la responsabilità dello Stato e lo ha condannato a pagare ¥ 180M a 55 attori. La sentenza sostiene che lo Stato sapeva della dannosità dell’amianto dalla fine degli anni 1950: la legge sulle misure per prevenire l’asbestosi è del 1960, ma nello stabilimento in questione non furono installati ventilatori fino al 1971.
    La decisione va in senso opposto a quella dell’agosto scorso, in cui l’Alta corte di Osaka (siamo dunque al secondo grado di giudizio, ma sempre di giudizio di merito si tratta) aveva dichiarato lo Stato non responsabile per i danni causati dall’amianto fino al 1971.
  4. Gourmet di tutto il Giappone affrettatevi. Se la linea guida del Ministero della salute andrà in porto, da giugno sarà vietato in tutti i ristoranti dell’Arcipelago servire fegato bovino crudo. Pene fino a 2 anni di reclusione o 2 milioni di yen di multa.