I giapponesi che fanno causa (XXIX)

67. Citare in giudizio il capo della yakuza

Vi immaginate, in Italia, il padrone di un qualsiasi esercizio commerciale che cita in tribunale un boss mafioso di vertice, chiedendogli di restituire i soldi della “protezione”, e chiedendo inoltre danni morali per lo stress causato dalle ripetute estorsioni?
In Italia, io no.
Succede invece in Giappone: la titolare di un ristorante di Nagoya ha citato in giudizio il capo del gruppo più potente, il sig. Tsukasa Shinobu del famoso Yamaguchi-gumi, e due altri associati, chiedendo proprio la restituzione dei 24,2 milioni di yen (176.000 euro) pagati per la “protezione” negli ultimi 5 anni, più 8 milioni di yen (58.600 euro) di danni psicologici e morali.
Qui la notizia in giapponese. Non è il primo caso del genere.

68. Problemi di costituzionalità per le università femminili

In Giappone ci sono alcune università femminili. Nel senso che sono ammesse solo studentesse femmine.
Un uomo ha fatto causa ad una di queste poiché ritiene che il rifiuto della sua domanda di iscrizione -l’uomo intende iscriversi alla facoltà di scienze della nutrizione per diventare dietologo- configuri una violazione della parità tra i sessi e del diritto all’istruzione, una violazione cioè di diritti garantiti dalla Costituzione giapponese.

(puntata precedente)

Aggiornamenti flash

  1. Il Tribunale di Okayama ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’art. 733 del codice civile in quanto discriminatorio nei confronti delle donne, di cui avevamo parlato qui. Secondo il Tribunale, la previsione di un periodo nel quale le donne non possono risposarsi è ragionevole. Pare che la causa andrà in appello.
  2. Tutti a chiedersi perché i giapponesi non si rivolgono agli avvocati. Sarà l’aria del Giappone: il servizio di assistenza legale in materia di immigrazione fornito pro bono ai non-giapponesi in arrivo all’aeroporto di Haneda (Tokyo) non ha avuto ancora un (1) cliente dal momento del suo lancio, il 3 settembre. Il periodo di prova del servizio termina il 30 novembre.
  3. L’imputata donna più anziana del Giappone: 90 anni, rinviata a giudizio per incendio doloso. Sarà processata di fronte al Tribunale di Kanazawa, il collegio giudicante vedrà la partecipazione dei cittadini. (segnalazione di @naokookada)

L’avvocatessa di campagna

Signore e signorine,
perché non provate ad andare a lavorare fuori dalle città?

No, non si tratta di un invito al lavoro nei campi.

Il pamphlet di cui si è riprodotta la prima pagina è della Federazione Giapponese degli Ordini degli Avvocati ( 日本弁護士連合会 Nihon bengoshi rengokai, in breve 日弁連 Nichibenren ma qui la chiameremo con l’acronimo inglese JFBA: Japan Federation of Bar Associations) ed è l’invito rivolto agli avvocati donna a trasferirsi nelle campagne, dove gli avvocati sono pochi, e pochissimi o nessuno donna. Il sottotitolo infatti recita:

Non ci sono abbastanza donne avvocato!!
Le donne sono il 17% sul totale degli avvocati.
In tutto il Paese ci sono 77 distretti di Tribunale in cui non vi è nemmeno una donna avvocato.

La cartina mostra il numero di distretti di Tribunale per ogni provincia in cui non vi è nemmeno un avvocato donna. E continua:

Aumentare il numero di avvocati donna nel territorio è un compito importantissimo!

L’azione del governo per la parità mira ad aumentare al 30% il numero degli avvocati donna entro il 2020, e ad azzerare i distretti in cui non vi è nemmeno un’avvocatessa.

Ma non è l’unica iniziativa rivolta a mandare gli avvocati fuori dalle metropoli.
Per risolvere il problema della cattiva distribuzione degli avvocati sul territorio, la JFBA promuove una serie di iniziative, raccolte e comodamente consultabili in una pagina web.

Aree oggetto delle iniziative di sostegno sono 1. i distretti di Tribunale in cui vi sono più di 30.000 abitanti per ogni avvocato 2. i distretti di Tribunale semplice in cui vi sia al massimo uno studio legale 3. i comuni ( 市町村 ) dove non vi sia nemmeno uno studio legale.
In queste zone designate, gli Ordini degli avvocati e la JFBA offrono un aiuto fino a ¥ 15 milioni (€ 140k) a chi intendesse aprire uno studio legale. Dall’aprile 2008, sono 4 gli studi legali sorti sfruttando questa possibilità. Vi sono aiuti anche per chi voglia ampliare studi già esistenti (fino a ¥ 2M) o chi si impegni a formare avvocati (fino a ¥ 1M).

In ogni caso, da una parte dicono che ci sono pochi avvocati e che al Giappone ne servono di più, dall’altra il numero di promossi all’esame per le professioni legali è in diminuzione e rimane inferiore ai piani stilati al tempo dell’introduzione delle Law School perché “Ahhh i giovani d’oggi, la preparazione non è assolutamente sufficiente, etc etc etc…”, insomma, non si riesce a capire bene quale sia in effetti la situazione al di là delle dichiarazioni di intenti, lo honne dietro al tatemae.

Diritto matrimoniale, filiazione e parità donna-uomo

第七百三十三条(再婚禁止期間)
Articolo 733 (Periodo in cui è proibito risposarsi)

1 女は、前婚の解消又は取消しの日から六箇月を経過した後でなければ、再婚をすることができない。
(1) Una donna non può risposarsi se non dopo che siano trascorsi sei mesi dal giorno dello scioglimento o dell’annullamento del matrimonio precedente.

2 女が前婚の解消又は取消の前から懐胎していた場合には、その出産の日から、前項 の規定を適用しない。
(2) Nel caso in cui una donna sia incinta da prima dello scioglimento o dell’annullamento del matrimonio precedente, la disposizione del comma precedente non si applica a partire dal giorno del parto.

第七百七十二条(嫡出の推定)
Articolo 772 (Presunzione di legittimità)

1 妻が婚姻中に懐胎した子は、夫の子と推定する。
(1) Si presume che il figlio concepito dalla moglie durante il matrimonio sia figlio del marito.

2 婚姻の成立の日から二百日を経過した後又は婚姻の解消若しくは取消しの日から三 百日以内に生まれた子は、婚姻中に懐胎したものと推定する。
(2) Si presume che il figlio nato dopo 200 giorni dal giorno del matrimonio o entro 300 giorni dal giorno dello scioglimento o dell’annullamento del matrimonio sia stato concepito durante il matrimonio.

Sono questi i due articoli del Codice civile giapponese presi di mira da una giovane donna della città di Soja, nella provincia di Okayama.

La donna aveva divorziato nel marzo 2008 e si era risposata con il suo attuale marito in ottobre. A novembre 2008 era nata una bambina, che la donna sostiene essere figlia dell’attuale marito.

Nella citazione, presentata al Tribunale distrettuale di Okayama, la donna ha chiesto 1.65 milioni di yen, pari oggi a circa 14.500 euro, di risarcimento per i danni morali conseguenti all’obbligo, previsto dall’art. 733 cc, di attendere 6 mesi prima di potersi risposare.  La parte attrice sostiene che questa disposizione violi irragionevolmente il principio di parità uomo-donna sancito dalla Costituzione.

Inoltre, l’amministrazione locale si rifiuta di registrare nello stato di famiglia l’attuale marito come padre della bambina, poiché ciò sarebbe contrario alla previsione dell’art. 772 cc.
La donna aveva pertanto citato in giudizio lo Stato giapponese anche per l’incostituzionalità di questo articolo.
Dopo aver perso in primo grado ed in appello, la questione ora, secondo questa fonte, pende di fronte alla Corte Suprema.