Alzarsi sì alzarsi no

Ultimo -per ora- episodio della saga Kimigayo.

Il Tribunale distrettuale di Tokyo ha annullato la sospensione disciplinare dal lavoro e la riduzione di stipendio con cui la Commissione provinciale per l’istruzione aveva sanzionato il maestro 63enne di una scuola media di Hachioji.
Il maestro in questione, in servizio tra il 2006 ed il 2010, si era rifiutato di alzarsi e cantare alla solita cerimonia di fine anno scolastico.
Nel 2007 era stato richiamato, nel 2008 e 2009 gli era stato ridotto lo stipendio, nel 2010 era stato sospeso.

Il Tribunale di Tokyo, Pres. 古久保 正人 (Masato, Masahito? Furukubo, Kokubo?) il 19 aprile ha stabilito che le punizioni consistenti nel taglio dello stipendio e nella sospensione dal servizio sono eccessive: il maestro non ha ostacolato attivamente la cerimonia, ed il fatto che il comportamento si sia ripetuto non è ragione sufficiente per sanzioni così severe. Il Tribunale ha pertanto annullato la riduzione di stipendio e la sospensione. Il richiamo disciplinare è stato ritenuto invece “adeguato”.

Pare che questa sentenza richiami quella della Corte Suprema di gennaio -a cui avevo accennato nella parte finale di questo post– in cui si sosteneva che in questi casi le sanzioni, benché legittime, non devono essere eccessive.

Naturalmente la cosa non finirà qui.
Io mi aspetto una pronuncia della Corte Suprema in seduta plenaria.

Aggiornamenti flash

  1. La Costituzione giapponese vieta la tortura o le pene crudeli: art. 36. Questo non impedisce l’applicazione della pena di morte, che viene eseguita di tanto in tanto.
    La pena può avere una funzione rieducativa, anche se le strutture adeguate non sono molte. Io ne visitai una qualche anno fa. Sembrava un dormitorio aziendale.
    Ad ogni modo: è notizia di pochi giorni fa che tutte le 47 provincie del Giappone hanno allestito centri per il reinserimento degli ex-detenuti più anziani o disabili.
  2. Una giuria mista ha di nuovo reso un verdetto di assoluzione per un caso di droga, materia in cui di solito i giudizi sono molto severi, che vedeva imputato Zanis Klepeckis, cittadino lettone. Ne avevamo già parlato qui. Chissà se l’accusa presenterà appello. Dopo questa pronuncia della Corte Suprema però i giudizi delle giurie miste sembrano più “resistenti” agli attacchi che potrebbero arrivare dai collegi -composti di soli giudici togati- delle Corti di appello.
  3. Un altro follow-up su un tema a cui avevamo accennato ad agosto 2011: le autopsie. Il Mainichi riporta che potrebbero essere presentati al Parlamento due progetti di legge in materia, per permettere alle autorità di condurre l’autopsia nei casi in cui le cause del decesso siano sospette, anche senza il consenso dei famigliari.
  4. Siamo alle comiche: il preside di una scuola di Osaka, ad una cerimonia scolastica, oltre a controllare che tutti fossero in piedi, per assicurarsi che tutti rispettassero l’ordinanza del suo amico, il sindaco Hashimoto, e cantassero l’inno, ha controllato che tutti muovessero la bocca. Uno dei docenti è stato pizzicato con la bocca chiusa, ed ora la Commissione provinciale per l’educazione sta valutando se sanzionare il docente, che ha ammesso di non aver cantato ma ha promesso di cantare la prossima volta.
    Il sindaco Toru Hashimoto ha dichiarato:

「起立斉唱の職務命令が出ているのだから、口元を見るのは当たり前で素晴らしいマネジメント」
“Dal momento che per il personale vi è un ordine di stare in piedi e cantare insieme, è naturale che si controllino le labbra, ed è un meraviglioso atto di management”

Ancora su Kimigayo

Il Primo Collegio ristretto della Corte Suprema, Pres. Koji Miyakawa (per sapere qualcosa su di lui e sugli altri giudici del collegio, click qui e qui) ha reso sentenza giovedì 9 febbraio su due ricorsi presentati da docenti di una scuola di Tokyo. Materia del contendere: le norme che prevedono l’obbligo di stare in piedi e cantare l’inno nazionale giapponese “Kimigayo” di fronte alla bandiera, e le sanzioni disciplinari per chi non si conforma.
Tali norme e sanzioni non sono incostituzionali.

L’inno nazionale “Kimigayo”, o secondo un’altra grafia “Kimi ga yo” ha un testo semplice: esso augura all’Imperatore di regnare in eterno. Insieme alla bandiera nazionale, esso è da taluni associato al regime totalitario e militarista che portò il Giappone al conflitto mondiale, e provoca di conseguenza queste
Nelle numerose cause già presentate in tutto l’Arcipelago, docenti e personale scolastico sostengono che l’obbligo di stare in piedi e cantare l’inno di fronte alla bandiera viola la libertà di pensiero garantita dalla Costituzione.

La vicenda inizia nel settembre 2006, quando il Tribunale distrettuale di Tokyo decise a favore dei querelanti, dichiarando che l’ordine violava le libertà civili costituzionalmente garantite; il Tribunale condannò inoltre il governo di Tokyo al pagamento a ciascun ricorrente di 30.000 yen.

L’Alta Corte di Tokyo, nel gennaio 2011 riformò la sentenza della corte inferiore, sostenendo che il regolamento scolastico del 2003 non viola la libertà di pensiero e di coscienza.
La  Corte Suprema ha rigettato nel merito il ricorso del personale e confermato questa sentenza.
La Corte ha dichiarato che le sanzioni disciplinari quali richiami, tagli salariali e sospensioni dal servizio possono in astratto arrecare un danno grave alla persona e che quindi è legittimo ricorrere contro queste misure, ma nel caso in questione le sanzioni sono rimaste entro l’ambito di discrezionalità dell’autorità amministrativa.

Tra i cinque giudici del collegio, solo il Presidente Miyakawa ha presentato un’opinione dissenziente: l’ex avvocato, coerentemente alla sua posizione nei casi decisi nei mesi precedenti, ritiene illegittimo l’obbligo e le sanzioni disciplinari.

La posizione tuttavia non è univoca, non solo all’interno del collegio ma anche nella stessa giurisprudenza della Corte: meno di un mese fa infatti la stessa Corte aveva annullato le sanzioni disciplinari più severe in un caso analogo, avendole ritenute troppo pesanti.
Forse sarà necessaria una presa di posizione della Corte Suprema in seduta plenaria.

La sentenza del 9 febbraio, 35 pagine, è qui.
Qui invece la Legge sull’inno nazionale e la bandiera nazionale 国旗及び国歌に関する法律 , l. 127 del 13 agosto 1999, purtroppo in bianco e nero.

Aggiornamenti flash

  1. Il Tribunale distrettuale di Shizuoka condanna lo Stato a versare 80 milioni di yen ai famigliari di un militare delle Forze di autodifesa suicidatosi in seguito ad un episodio di nonnismo.
  2. Altre due pronunce della Corte Suprema, 1 Collegio ristretto Pres. Yu Shiraki, in materia di costituzionalità delle istruzioni dei presidi sulla condotta da tenere durante l’esecuzione dell’inno nazionale. Dissenting opinion del giudice Koji Miyakawa.
  3. Pronuncia della Corte Suprema in tema di libertà di espressione.

Aggiornamenti flash

  1. Un inaspettato guizzo di iniziativa: la città di Noda, nella provincia di Chiba, adotta un approccio più severo nei confronti della contaminazione radioattiva rispetto alla posizione del governo nazionale.
  2. Accordo raggiunto tra governo e persone contagiate con il virus dell’epatite B attraverso trasfusioni infette. Presto breve approfondimento. Stay tuned.
  3. Quarta e per il momento ultima pronuncia della Corte Suprema in materia di inno nazionale e libertà di coscienza. Come previsto, la Terza Sezione ristretta (Pres. Takehiko Otani) ha seguito l’indirizzo delle pronunce delle scorse settimane e ha confermato che i provvedimenti disciplinari nei confronti degli insegnanti che non si alzano in piedi al momento dell’inno nazionale non viola la Costituzione giapponese. Decisione adottata a maggioranza 4:1, dissenting opinion del giudice Mutsuo Tahara. Qui il testo della sentenza.

Aggiornamenti flash

  1. In Giappone non c’è (ancora) una legge sui criteri di costruzione nelle zone a rischio tsunami.
  2. Terza pronuncia della Corte Suprema (Terzo Collegio ristretto, Pres. Mutsuo Tahara) sull’inno nazionale. In sostanza, nessuna grande novità, a parte la dissenting opinion del Presidente. Qui la sentenza. La quarta ed ultima pronuncia della serie è prevista per la prossima settimana.
  3. Dozzine di avvocati stanno pianificando azioni legali per ottenere in tribunale la chiusura delle centrali nucleari giapponesi. Si inizia in autunno. Stay tuned.
  4. Emendata la legge sull’assistenza agli anziani. Introdotta la possibilità di assistenza a domicilio 24 ore su 24.

Sì, tutti in piedi per l’inno – La sentenza

La Corte Suprema ha pubblicato sul proprio sito ufficiale la sentenza del caso Saruya.
32 pagine, la si può trovare a questo indirizzo.

Vale la pena citare la considerazione, molto giapponese, che chiude le motivazioni:

(…) L’atteggiamento nei confronti della bandiera nazionale e dell’inno nazionale è problema di un’area delicata, collegata ai pensieri e alle convinzioni dell’individuo, e bandiera e inno rispondono al loro significato naturale in quanto il popolo li rispetti e ami dal cuore. Pertanto, vorremmo aggiungere che, come soluzione definitiva di questo problema, la cosa più importante di tutte è creare un ambiente in cui la bandiera nazionale e l’inno nazionale siano oggetto di rispetto e affezione non forzata, ma spontanea“.

「(…)国旗及び国歌に対する姿勢は,個々人の思想信条に関連する微妙な領域の問題であって,国民が心から敬愛するものであってこそ,国旗及び国歌がその本来の意義に沿うものとなるのである。そうすると,この問題についての最終解決としては,国旗及び国歌が,強制的にではなく,自発的な敬愛の対象となるような環境を整えることが何よりも重要であるということを付言しておきたい。」

Sì, tutti in piedi per l’inno

Così ha sentenziato lunedì 30 maggio la Corte Suprema nel primo caso arrivato al vertice del sistema giudiziario giapponese riguardante la costituzionalità dell’obbligo per i docenti di rivolgersi alla bandiera e cantare l’inno nazionale durante le cerimonie scolastiche.

Le vicende riguardavano il caso di Yuji Saruya ( 申谷雄二 ),  insegnante di un liceo di Tokyo che nel 2004 si era rifiutato di alzarsi durante l’esecuzione dell’inno nazionale. Era stato richiamato formalmente, e non confermato alla scadenza del contratto nel 2007.
L’insegnante aveva dunque presentato un’azione di risarcimento contro l’amministrazione comunale.

In primo grado (gennaio 2009) il Tribunale distrettuale di Tokyo aveva affermato che l’ordine del preside era costituzionale, ma allo stesso tempo aveva concesso al sig. Saruya un risarcimento di circa 2,1 milioni di jpy poiché negli anni successivi si era conformato alle direttive scolastiche.
Nella sentenza di appello (ottobre 2009) l’Alta Corte di Tokyo aveva confermato la costituzionalità dell’obbligo, sostenendo che tali scelte rientrassero nella sfera di discrezionalità dell’amministrazione. Inoltre, la Corte aveva revocato l’ordine di risarcimento.

Da qui il ricorso alla Corte Suprema, lamentando la violazione dell’art. 19 della Costituzione, che protegge la libertà di pensiero e coscienza.
La Corte sostiene che, anche se la libertà di pensiero può essere indirettamente violata da tali ordini, il livello della violazione è accettabile, considerata la ragionevolezza di tali misure.

Il caso è stato deciso all’unanimità dal Secondo Collegio ristretto, Pres. Masahito Sudo ( 須藤正彦 ).
Si può facilmente immaginare che esso avrà un’influenza importante sugli altri 31 casi analoghi pendenti in tutto il Giappone che vedono coinvolti circa 960 insegnanti o sul dibattito politico cui si era accennato pochi giorni fa.

Tutti in piedi per l’inno

È notizia di qualche giorno fa che il governatore di Osaka, Toru Hashimoto, ha deciso di presentare un’ordinanza in cui sia esplicitamente menzionato l’obbligo per i docenti di alzarsi in piedi e cantare l’inno nazionale “Kimigayo” durante le cerimonie scolastiche.

L’inno nazionale giapponese è da taluni associato al passato militarista e imperialista del Giappone, e recentemente i casi in cui i docenti si rifiutano platealmente di unirsi al canto, citando la libertà di coscienza, sono spesso riportati nella stampa nazionale e hanno creato imbarazzo e irritazione.

A marzo l’Alta Corte di Tokyo aveva dichiarato nulle le azioni disciplinari irrogate nei confronti di 170 docenti che si erano rifiutati di alzarsi in piedi verso la bandiera e di cantare l’inno nazionale.

La mossa del governatore Hashimoto alza il livello dello scontro con i professori “ribelli”. A chi chiedeva se questa non fosse una misura eccessiva o se non violasse la libertà di pensiero dei docenti, Hashimoto ha risposto: “Se a loro non piace, possono licenziarsi. È un problema di organizzazione, non di libertà di pensiero o di coscienza”.