Il nuovo visto – gioie e dolori

Il nuovo visto – gioie e dolori

[post autobiografico ma con ambizioni di interesse generale]

Nel 2012 il Giappone ha riformato il sistema di immigrazione e visto, cambiando, tra l’altro, il regime di re-entry permit (再入国許可).

Una delle misure più significative è stata la creazione di un nuovo regime di visto per i cosiddetti “highly skilled foreign professionals”, ossia gli stranieri “altamente qualificati” nel settore accademico, tecnico-professionale e imprenditoriale-finanziario. In buona sostanza il governo giapponese ha deciso di concedere un regime di visto premiale per quegli stranieri ad alta specializzazione (e preferibilmente alto reddito e giovane età. In sostanza il genere di immigrazione che qualunque paese vuole) per incentivarne l’ingresso nel Paese.

Il nuovo sistema si basa su un punteggio che tiene conto di: livello di istruzione, reddito, età, esperienza nel settore di competenza, conoscenza della lingua giapponese, ecc. (qui potete scaricare la tabella). E qui già sorge un primo problema, posto che le persone di giovane età di solito non sono ad alto reddito e viceversa (il modulo per le attività accademiche prevede come ipotesi teorica che qualcuno che lavora in università e ha meno di 30 anni possa guadagnare più di 10.000.000 di yen all’anno. Ipotesi di pura fantascienza – a meno che tale individuo non abbia brevettato qualcosa di utilissimo e diffusissimo).

I vantaggi del nuovo visto sono in effetti significativi:

– durata di 5 anni;

– canale di accesso preferenziale alla residenza permanente;

– possibilità per il coniuge di lavorare;

– possibilità di far risiedere i propri genitori in Giappone;

(e altro. Qui la descrizione in inglese sul sito del Ministero della Giustizia – Dipartimento per l’immigrazione)

Fin qui, tutto piuttosto bene.

Problema: il governo giapponese si lamenta di non aver ricevuto molte domande per questo nuovo visto. Insieme domandiamocene il perché, alla luce di un case study: il mio.

Il mio visto non era lontano dalla scadenza, così ho deciso di fare domanda di cambio di status per accedere al nuovo regime. Premesso che ho ottenuto senza troppe difficoltà il nuovo visto e che ne sono garrulo, e premesso altresì che la procedura è stata rapida ed efficace, il personale professionale e gentile e che come sempre – almeno nella mia esperienza – il Giappone si rivela un paese fantastico dal punto di vista della P.A., ritengo utile condividere una serie di inconvenienti incontrati nel corso della procedura. Saputi in anticipo, possono rendere la vita più facile a chi si accinge a chiedere il visto come ho fatto io.

Primo inconveniente: poiché alcune parti del modulo non mi erano chiare, ho chiamato l’Ufficio immigrazione di Nagoya (competente per la quarta area urbana più popolosa del Giappone, 9.000.000 di abitanti circa, sede della Toyota…). All’Ufficio nessuno parla inglese (ovviamente nemmeno italiano), quindi occorre parlare giapponese. Nel mio caso non è stato un problema insormontabile ma a) c’è una discreta probabilità che chi chiede un visto non sia fluent in giapponese e b) parrebbe auspicabile che chi ha a che fare quotidianamente con stranieri parli almeno qualche parola di inglese.

Secondo inconveniente: il regime di visto per gli “highly skilled foreign professionals” è ancora un oggetto misterioso per la maggior parte degli impiegati, per cui alle mie richieste di chiarimento su quali documenti presentare la risposta più frequente è stata “Lei provi a depositare quelli che ritiene giusti, poi al massimo gliene chiediamo altri noi”.

Terzo inconveniente: la necessità di integrare la documentazione si è in effetti verificata. La richiesta mi è pervenuta a mezzo posta ordinaria un venerdì. Ho ritirato la posta sabato mattina. Il termine per la consegna dei documenti era il lunedì successivo, e si trattava di carte che dovevo richiedere al mio datore di lavoro. Per fortuna gli uffici dell’università sono efficienti, ma ho comunque dovuto annullare una riunione il lunedì pomeriggio per correre all’Ufficio immigrazione entro le 16.

Quarto inconveniente: ho una moglie italiana (no, non è questo l’inconveniente!) che vive con me in Giappone con un visto “coniuge”. Cambiando il mio visto è meglio cambiare anche il suo? Domanda rimasta senza risposta. Non che questo abbia effetti sulla validità del visto in corso, ma, ad esempio, potrebbe lavorare in base al nuovo regime con il vecchio visto?

Quinto “inconveniente”: il mio visto precedente diceva “Professore” (教授). Facile, comprensibile, chiaro. Addirittura qualche funzionario della dogana/immigrazione mi ha chiamato sensei. Il mio visto attuale recita 特定活動, traducibile come “attività specifica”. E di che? Per ovviare al problema del mistero sulle mie attività, l’Ufficio immigrazione mi ha pinzato dentro il passaporto un fogliettino di carta con la spiegazione di ciò che faccio. Speriamo che gli agenti dell’immigrazione degli aeroporti ne sappiano di più dei loro colleghi negli uffici…

Un’ulteriore annotazione: il visto è ora incorporato nella zairyuu kaado (在 留カード) e quindi il visto nel mio passaporto non è stato modificato. Il risultato è che il mio passaporto dice che me ne devo andare entro il 1 ottobre 2014. In realtà questo inconveniente riguarda tutte le nuove zairyuu kaado, non questa specificamente; lo menziono solo perché alla mia collega australiana un solerte funzionario delle linee aeree australiane voleva negare l’imbarco poiché a suo dire “sprovvista di visto valido”.

Questo è quanto. La prossima puntata nel 2019.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.