Palla!

Palla!

Il baseball gode di immensa popolarità in Giappone. Gli appassionati di questo sport sono moltissimi, e la visione di una partita allo stadio è un’autentica esperienza culturale, raccomandata a chiunque…anche se il pubblico, anziché seguire il match, sembra molto più interessato a mangiare junk food, bere birra e cantare cori vagamente ipnotici.

Come è noto, durante la partita, il battitore della squadra in attacco ha il compito di mandare il più lontano possibile la palla che gli viene lanciata dal pitcher della squadra avversaria (idealmente fuori dal campo di gioco, realizzando così un home run). Se però il giocatore non colpisce la palla in pieno, essa può prendere una traitettoria laterale o posteriore rispetto alla posizione del battitore: in linguaggio tecnico, questa si chiama foul ball.

Il problema delle foul ball è che ogni tanto assumono traiettorie imprevedibili. Gli stadi sono disegnati in modo da avere ampio spazio frontale, ma le tribune sono molto vicine all’azione di gioco ai lati e sul retro del battitore. Cosa avviene, dunque, se una foul ball colpisce fortuitamente uno spettatore? Chi ne risponde?

La questione ha una storia lunghissima negli Stati Uniti, dove le cause per questo tipo di problemi vengono intentate più o meno dagli anni ’30 del XX secolo. È invece fatto nuovo e insolito in Giappone, dove, dopo un cinquantennio di assenza di contenzioso, abbiamo avuto ben tre cause sul punto negli ultimi anni (due delle quali arrivate a sentenza) come  riporta il sito http://www.bengo4.com/topics/364/.

Ovviamente anche i giapponesi hanno preso palle da baseball addosso più o meno da quando esiste lo sport nel paese. Anzi: nel Dopoguerra gli stadi non erano costruiti con le misure di sicurezza attuali, e quindi tali incidenti erano ben più frequenti. La questione però di solito si risolveva in via stragiudiziale, con le scuse e/o la rifusione delle eventuali spese mediche da parte della squadra. Il fatto che questo contenzioso arrivi a sentenza e non si fermi alla fase conciliativa viene interpretato come un segno dei tempi, come un’ulteriore conferma che la leggendaria avversità nipponica al contenzioso sia, appunto, un mito. Si vedano sul punto i vari post di Andrea Ortolani su “i giapponesi che (non) fanno causa”.

Fino ad oggi chi ha agito in giudizio non ha avuto particolare fortuna: è infatti sufficiente che il proprietario dello stadio (di solito la squadra stessa) dimostri di aver predisposto misure adeguate per evitare gli infortuni (reti di sicurezza, ecc.) per non dar seguito alla richiesta di risarcimento. Se il proprietario è stato diligente, la foul ball è considerata come semplice parte del gioco, e quindi non espone a responsabilità.

La questione sarebbe del tutto diversa se l’accadimento fosse causato da eventi non connaturati al gioco. Negli Stati Uniti si sta dibattento se l’intrattenimento (cheerleaders, mascotte, ecc.) sia parte integrante della partita oppure no. Il caso è di una mascotte che lanciava hot dog sul pubblico e ha ferito uno spettatore (http://www.dailymail.co.uk/news/article-2483949/Hot-dog-injury-lawsuit-fan-sues-baseball-team-20k.html). In Giappone questa discussione ancora non è presente…e sinceramente speriamo non arrivi!

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