Un’altra stupida legge in materia -guarda caso! di proprietà intellettuale

La cosiddetta “proprietà intellettuale” è una stupidaggine.
Le due o tre idee alla base della teoria comunemente usata per giustificare la proprietà intellettuale sono stupidaggini colossali. Accettate solo perché anche la più insulsa idiozia, se ripetuta molte volte, finisce per essere presa come vera.
Le applicazioni pratiche che conseguono dalla teoria della proprietà intellettuale sono altrettanto stupide, e spesso dannose.

È inevitabile che ogni legge in materia di proprietà intellettuale sia una legge stupida, e che le leggi emanate al fine di “migliorare” la materia non fanno altro che aumentarne la stupidità: quello che il legislatore vede come una lacuna colmata o un affinamento della disciplina non è altro che un tot di stupidità che si aggiunge, o un passo verso un livello superiore di stupidità.

La teoria della proprietà intellettuale sopravvive esclusivamente grazie a due motivi: 1. Essa non è portata alle sue estreme, ancorché logicissime, conseguenze. Tutta la materia è un’accozzaglia di scelte di compromesso più o meno accettabili dai sudditi cittadini sovrani, più o meno “vendibili” come soluzione di buon senso, ma prive di un fondamento logico solido. Ad esempio: se copyright e brevetti sono davvero un bene, perché limitarne la durata nel tempo? Dovrebbero essere diritti tendenzialmente eterni, come la proprietà sui beni materiali. E soprattutto dovrebbero estendersi a qualsiasi idea/innovazione/trovata. Qualsiasi. Il fatto che così nessuno nella vita avrebbe più tempo di fare altro che “pagare i diritti” a supposti titolari, visto che l’uomo cresce imitando i suoi simili, parlando la loro lingua, adottando gesti, copiando le soluzioni intelligenti che ciascuno vede intorno a sé etc… sarebbe un problema pratico relativo all’applicazione delle norme, ma chi crede davvero nella proprietà intellettuale dovrebbe coerentemente propugnare il carattere eterno dei relativi “diritti”. Poco importa che si vada a finire come Galambos; 2. È ancora relativamente facile aggirare la disciplina. L’impressione è che le leggi sulla proprietà intellettuale non possano essere applicate con rigore perché altrimenti non resterebbero persone sufficienti per applicarle.

La Camera bassa giapponese ha appena approvato a larghissima maggioranza una modifica alla legge sul diritto d’autore. Ne ha parlato pure il Punto Informatico in italiano, ed il Japan Times ha risposto alle principali curiosità in merito.
Punti salienti della riforma: inasprimento delle pene e allargamento della definizione di violazione della proprietà intellettuale. In sostanza, anche la copia ad uso personale di DVD o altri dischi protetti da meccanismi anti-copia sarebbe una violazione di legge che può dare luogo a sanzioni. Al contrario, rimane legale la copia su computer o dispositivi portatili di musica noleggiata.
Chiave della riforma è la parola “consapevolmente”: chi in altre parole copia sapendo di copiare illegalmente, è soggetto a pena, gli altri no. Si può prevedere che questa disposizione darà non pochi grattacapi in sede di applicazione.

Uno degli effetti è che, secondo un’interpretazione rigorosamente letterale delle norme, YouTube potrebbe essere considerato illegale in Giappone. L’allarme è rientrato e molto probabilmente non sarà così, ma non ci vedrei nulla di strano.

Infine, citiamo questo passo, molto interessante:

I downloaded a couple of albums a while back. Will the police come after me?
No, because the revised law takes effect Oct. 1.

 

Il RIETI sulle copie illegali di film nel mercato giapponese

Sappiamo tutti a memoria la litania degli scugnizzi dei paladini della proprietà intellettuale: la copia è un furto, ogni copia illegale che circola in più corrisponde a una copia legale venduta in meno, ogni anno la pirateria giggitale provoca zilioni di euro di danni, miriadi di posti di lavoro in fumo, etc etc…
Oltre naturalmente a portare un colpo mortale alla creatività e alla creazione di nuove opere d’arte: infatti a Hollywood sono tutti con le pezze al culo, dischi e libri nuovi escono col contagocce, etc etc…

Ogni tanto però escono studi scientifici sulla materia. Ad esempio rapporti come questo, di cui si è scritto anche qui, che afferma che, relativamente alla situazione svizzera, i timori che gli sviluppi della tecnologia e della possibilità di copiare “… possano influire negativamente sull’attività culturale nazionale sono infondati. Il Consiglio federale non ritiene pertanto necessario un intervento legislativo.”

Torniamo al Giappone, che negli ultimi tempi ha seguito, almeno a livello di declamazioni, un approccio rigoroso alla protezione della proprietà intellettuale.
Il Research Institute of Economy, Trade and Industry (RIETI), istituto giapponese di ricerca teorica ed empirica sui temi economici e finanziari fondato nel 2001, ha pubblicato l’anno scorso uno studio sul rapporto tra copie illegali di cartoni animati giapponesi e incassi dei prodotti legali.

Le conclusioni dello studio sono queste:

  1. La visione dei filmati su Youtube non influisce negativamente sull’affitto (locazione) di DVD, anzi pare che lo stimoli, e
  2. la condivisione di file attraverso programmi P2P influisce negativamente sull’affitto (locazione) di DVD, ma non sulla vendita. In sostanza, Youtube può essere interpretato come uno strumento di promozione delle vendite di DVD.

Il titolo in inglese è “Do Illegal Copies of Movies Reduce the Revenue of Legal Products? The case of TV animation in Japan“; purtroppo in inglese c’è solo il riassunto, in questa pagina, da cui si accede anche al download gratuito del paper in giapponese.

Tutto abbastanza in linea con quest’altro studio, in cui si sostiene che, per i film americani, il calo degli incassi al botteghino è dovuto non tanto alla c.d. pirateria in sé, quanto ai ritardi nelle date di uscita dei film nei Paesi diversi dagli Stati Uniti, il che nella situazione odierna fa sì che gli utenti di rivolgano ad altri strumenti di distribuzione come i torrent.