Iwao Hakamada: vittima di uno dei maggiori errori giudiziari (conosciuti) del Giappone

L’ottimo errorigiudiziari.com traccia una breve ma toccante storia di Iwao Hakamada, la vittima di uno dei maggiori errori giudiziari del Giappone.
Sottolineo “uno dei maggiori” poiché potrebbe darsi il caso di errori giudiziari che al momento non conosciamo, e di cui forse non sapremo mai.

Iwao Hakamada era un ex pugile professionista. Aveva quasi 20 anni, quando fu arrestato. Era il 1968, lo accusavano di aver dato alle fiamme la fabbrica di miso (il tipico condimento giapponese derivato dai semi della soia gialla) dove lavora, di aver ucciso il direttore, la moglie e i loro due figli, e di aver rubato dalla cassaforte 200 mila yen. Ma lui era innocente… Prosegue su errorigiudiziari.com

In precedenza ne avevo scritto qui, e in altri post con il tag Iwao Hakamada.

Pena di morte e errori giudiziari

David T. Johnson ha pubblicato su Japan Focus una serie di tre articoli sulla pena di morte e sul problema degli errori giudiziari e condanne ingiuste in Giappone.

Il primo contributo, Will Wrongful Convictions Be a Catalyst for Change in Japanese Criminal Justice?, scritto in collaborazione con Matthew Carney, presenta un video, toccante, che ritrae 3 famosi casi di condannati a morte dichiarati poi non colpevoli, e rilasciati prima dell’esecuzione, dopo anni passati nel braccio della morte: Iwao Hakamada, Kazuo Ishikawa e Toshikazu Sugaya.

Il secondo, An Innocent Man: Hakamada Iwao and the Problem of Wrongful Convictions in Japan, ripercorre in dettaglio la storia e la vicenda processuale di Hakamada, l’uomo che detiene il triste record mondiale di soggetto detenuto più a lungo nel braccio della morte: arrestato nel 1966, condannato nel 1968, rilasciato nel 2014. Poco meno di 48 anni in prigione.
L’articolo presenta i fatti che portarono all’arresto, gli interrogatori, la condanna, la storia dell’altra vita distrutta da questo episodio, quella del giudice Norimichi Kumamoto, membro (dissenziente) del collegio che condannò Hakamada, fino agli sviluppi più recenti.
Ora Hakamada è in attesa di un nuovo processo, che inizierà forse nel 2016 o chissà, anche più tardi. Interessante notare che la pubblica accusa ha presentato appello contro la decisione di riaprire il processo e continua a sostenere la propria tesi accusatoria.

Il terzo, Wrongful Convictions and the Culture of Denial in Japanese Criminal Justice è un’analisi del problema degli errori giudiziari in Giappone. Gli studi su questo tema incontrano diversi ostacoli, tra cui quello fondamentale consiste nel fatto che non è possibile sapere il numero preciso di condanne ingiuste, per cui le stime si basano su statistiche e impressioni dei difensori. Tuttavia, attraverso un’analisi comparata, è possibile identificare quali siano i maggiori problemi di un sistema e quali i problemi che più probabilmente generano condanne ingiuste.
In generale, le cause alla radice degli errori giudiziari in Giappone sono identificate nella pratica della confessione ricercata ad ogni costo, e nella cd. “cultura della negazione” che permea il sistema della giustizia penale: la negazione della possibilità di un errore, che porta i PM o i giudici a sostenere una posizione ben oltre il limite della ragionevolezza.

In generale, tre articoli molto importanti su un caso fondamentale per conoscere la giustizia penale giapponese.

Iwao Hakamada

Iwao Hakamada era in prigione da 48 anni. Quarantotto.
Arrestato nel 1966, nel 1968 era stato condannato a morte per l’omicidio di una famiglia di 4 persone. La condanna era stata confermata nel 1980 dalla Corte Suprema. La legge dispone che le condanne debbano essere eseguite entro sei mesi da quando la sentenza diviene definitiva (art. 475 cod. proc. pen.).
Tuttavia, affinché si proceda con l’impiccagione, è necessario l’ordine del Ministro della legge (ricordiamo ai lettori che nei Paesi dove vige la pena di morte non si può parlare di Ministro o Ministero della Giustizia, ma al massimo di Ministro o Ministero della legge).

Hakamada ha passato così 34 anni in prigione, fino a quando giovedì 27 marzo 2014 è stato liberato.
Nuovi test sul DNA ritrovato sui vestiti che si presumono indossati dall’autore del delitto hanno imposto di riaprire il caso.
Un errore giudiziario: enzai.

Riflettere su questo caso fa nascere due sentimenti confliggenti: da un lato l’indignazione perché un uomo è stato privato della sua vita per un errore giudiziario, ostinatamente confermato in tutti i gradi di giudizio, per 46 anni.
Dall’altro lato il sollievo perché alla fine Hakamada è stato scagionato. In altri Paesi, forse, la condanna sarebbe stata eseguita ben prima, e questo avrebbe probabilmente messo letteralmente una pietra sopra alla faccenda, demotivato i sostenitori dell’innocenza di Hakamada e probabilmente non vi sarebbero state più richieste di revisione del processo a decenni di distanza dal fatto.
Qui invece vediamo che il sistema giudiziario, per salvare la faccia, ha difeso la condanna per quasi mezzo secolo. D’altro canto, come nota bene anche Michael Cucek, probabilmente chi conosceva il caso sapeva che qualcosa in quella condanna non convinceva, e forse “Tutti, ma non Hakamada” sono state le parole tramandate da un Ministro all’altro, fino ad oggi.

Aggiornamenti flash – Pena di morte edition

  1. 47 (quarantasette) anni dopo il delitto, spuntano nuove testimonianze che possono scagionare il sig. Hakamada, condannato all’impiccagione nel 1968 e da allora nel braccio della morte. Come già scritto, Iwao Hakamada detiene il non invidiabile record mondiale di detenuto che ha trascorso più tempo nel braccio della morte.
  2. La homepage del Japan Innocence & Death Penalty Information Center.
    Non aggiornatissimo, e non avendo letto tutto il materiale, non posso garantirne l’attendibilità al 100%. L’intento, in ogni caso, è lodevole.
  3. Le forze di occupazione americane nel 1949 criticavano la scelta giapponese dell’impiccagione come metodo di esecuzione della pena di morte. L’impiccagione è il metodo in uso dal 1873. La notizia proviene da documenti scoperti recentemente negli archivi della Biblioteca Nazionale del Parlamento, a Tokyo.

Aggiornamenti flash – Amministrazione della giustizia edition

  1. Sappiamo che i giapponesi sono longevi. Un giapponese si è aggiudicato il triste record di uomo tenuto più a lungo nel braccio della morte: Iwao Hakamada ( 袴田 巌 ) vive nel carcere di Tokyo. Il crimine di cui è accusato è stato commesso il 30 giugno 1966 (millenovecentosessantasei), lui fu arrestato il 18 agosto 1966 e la sentenza di morte divenne definitiva nel 1980. 47 anni dietro le sbarre.
  2. Un poliziotto gestiva una casa di appuntamenti a Tokyo insieme a sua moglie (?). Grazie alla sua posizione, riusciva ad avvertire in anticipo in caso di eventuali raid. È stato scoperto ed espulso dalla polizia, multato di 60.000 jpy, ma non rinviato a giudizio.
  3. Un giovane giudice a latere del Tribunale distrettuale di Osaka è stato espulso dalla magistratura perché sorpreso sul treno a filmare con il telefonino sotto le gonne. Il Tribunale distrettuale di Osaka lo aveva sospeso e multato di ¥500k, ma la commissione di accusa del Parlamento ha deciso per l’espulsione dalla magistratura.

Aggiornamenti flash – Diritto e procedura penale edition

  1. Avete presente il caso di Shoji Sakurai e Takao Sugiyama? Ne avevamo parlato un po’ di tempo fa: si tratta di un noto caso di condanne all’ergastolo basate su confessioni ritrattate. In seguito, 35 anni dopo la sentenza, e 9 anni dopo che i soggetti erano stati ammessi alla liberazione condizionale, il Tribunale di Mito accettava la richiesta di revisione del processo. Quest’anno la vicenda si è conclusa ed il Tribunale ha completamente scagionato i due ex-carcerati.
    Bene, fin qui sono cose che più o meno sapevamo già.
    La notizia di oggi è che il caso in questione, il “caso Fukawa”, è riportato nel libro di testo rivolto ai giudici che riporta casi letteralmente “di scuola” ove il problema in questione è la credibilità delle confessioni: 「自白の信用性-被告人と犯行との結び付きが争われた事例を中心として-」”La credibilità delle confessioni: con particolare riguardo ai casi in cui si è dibattuto il collegamento tra imputato e reato“.
    L’aspetto curioso è che il caso Fukawa viene portato come esempio di confessione veritiera. Bum!
    Il libro di testo sostiene infatti che le contraddizioni siano da attribuire allo stato di eccitazione e confusione successivo alla commissione del delitto, all’intenzione degli indagati di sminuire le proprie responsabilità e di confondere la confessione mischiando fatti reali e inventati. In conclusione, la credibilità della confessione non ne è intaccata.
    L’avvocato dei sig.ri Sakurai e Sugiyama ha chiesto che i riferimenti al caso siano eliminati dalle prossime edizioni del libro, ma la Corte Suprema non ha per ora rilasciato commenti significativi.
  2. L’ufficio del pubblico ministero di Shizuoka ha reso pubblici 176 reperti probatori relativi a un omicidio commesso nel 1966, per il quale il sig. Iwao Hakamada è stato condannato a morte nel 1968.
    La condanna non è stata ancora eseguita (43 anni nel braccio della morte) e il collegio difensivo spera in una riapertura del caso.
  3. Un cittadino lettone, Zanis Klepeckis, fu fermato nell’ottobre 2010 all’aeroporto di Narita con 10 kg di droghe sintetiche nel proprio bagaglio. Il processo per traffico di sostanze stupefacenti che inizia nei suoi confronti in questi giorni è di competenza della giuria mista, e si avvia ad essere uno dei più lunghi processi con saiban’in, sia perché l’imputato intende negare tutte le accuse, sia perché le procedure di interpretariato e traduzione richiedono tempo. Si prevede una durata di un paio di mesi.
    La pubblica accusa non ha perso l’occasione per attaccare il sistema e ha dichiarato che un processo così lungo costituisce un fardello troppo pesante per i (sei) cittadini chiamati a parteciparvi.