Di morte e affitto

Nel mercato immobiliare giapponese la morte di chi occupa una casa, specie quella avvenuta in conseguenza di suicidio, è un fatto molto rilevante. I proprietari di abitazioni e gli agenti immobiliari sono infatti tenuti a fornire informazioni adeguate su eventuali decessi che hanno avuto luogo nell’unità in questione, pena l’annullabilità del contratto o addirittura un risarcimento per responsabilità civile.
È quanto è avvenuto ad Amagasaki, nello Hyogo-ken: un avvocato acquista all’asta un appartamento nella città di Amagasaki, appartemento nel quale una donna, tempo prima, si era tolta la vita. Successivamente il proprietario concede l’immobile in locazione a un inquilino, senza renderlo però edotto della circostanza. Una volta trasferito, l’inquilino apprende dai vicini la triste storia del suidicio dell’abitante precedente, e decide di lasciare l’abitazione e annullare il contratto.
La questione, sottoposta all’attenzione del Tribunale di Kobe, sezione di Amasagaki, ha visto la soccombenza del proprietario. Nonostante quest’ultimo abbia dichiarato che né durante né dopo la procedura per l’aggiudicazione dell’immobile egli ha avuto notizia del suicidio di una donna in quella casa, il giudice ha ritenuto che il proprietario “non poteva non sapere”. Infatti, quantomeno durante i lavori di restauro dell’abitazione, egli sarebbe dovuto venire a contatto coi vicini, i quali non hanno fatto mistero della circostanza all’inquilino non appena lo hanno incontrato. Il giudice ha dunque dichiarato che nella stanza vi era un difetto “psicologico”(心理的), cioè vi era avvenuto un fatto che avrebbe potuto provocare un senso di disgusto (嫌悪) nell’inquilino. Inoltre, dato che di tale fatto erano a conoscenza i vicini, sia proprietario sia l’agente che ha seguito la trattativa non potevano non saperlo.
Il proprietario è stato dunque condannato al pagamento di 1.040.000 yen e ha già annunciato la sua intenzione di andare in appello.

Questa decisione si inserisce nella più ampia tematica della rilevanza della morte del precedente inquilino nel diritto delle locazioni. Non solo il suicidio, o la morte violenta, rendono “difettoso” un appartamento. Anche una pacifica morte nel sonno di un anziano deve essere dichiarata, a rischio dell’annullabilità del contratto. La questione non è dunque del tutto sovrapponibile a quella delle psychologically impacted houses dell’esperienza americana, dove (salvo casi eccezionali) è necessario qualche circostanza sinistra o cruenta per giustificare un difetto dell’immobile.
La fattispecie del suicidio tramite defenestrazione ha fatto sorgere un dibatitto su quale debba essere identificato come luogo del decesso ai fini delle informazioni da dare all’inquilino: l’opinione prevalente è che sia esterno, e dunque non vi è dovere di dichiarazione.

In Giappone esistono agenzie immobiliari specializzate nel gestire unità dove sia avvenuto un decesso: il prezzo spesso è meno del 50% di quello di mercato. La permanenza di un inquilino per un intero periodo contrattuale è ritenuto sufficiente a eliminare il vizio, e l’abitazione può tornare sul mercato a prezzo pieno.
Superstizione? Portato della tradizione buddista? Prima di bollare come “strani” i giapponesi, pensiamo ai vari casi negli USA dove persone hanno chiesto la risoluzione del contratto perché un precedente inquilino era affetto da HIV: la base scientifica è più o meno la stessa…
Per una splendida panoramica comparata fra Italia e USA si consiglia R. Caterina, Storie di Locazioni e di fantasmi, Rubbettino, 2011.