Leggere Antropologia giuridica di Rodolfo Sacco a Tokyo (IX)

Leggere Antropologia giuridica di Rodolfo Sacco a Tokyo (IX)

8 dicembre 2009

Inizia, come al solito, Kawada. Legge il testo e presenta la sua versione. Per quanto mi riguarda, ci sono le solite delusioni terminologiche, che accetto ormai con serenità. E non potrei fare altrimenti: con chi prendersela, con la lingua giapponese? Con tutte le persone dalle quali ho appreso a parlarla? Con tutti i giapponesi passati e presenti? Con me stesso? Con gli unici dizionari che ho a disposizione? O forse il problema è proprio dentro a quell’aula? In ogni caso, non se ne esce.

Come sempre, l’attenzione terminologica è estrema e assoluta: per spiegare «époque desormais révolue» si accenna all’etimologia latina revolvere, a revolution, e il professore suggerisce una traduzione che, a patto di averla sentita e trascritta corret- tamente, non trovo sul mio dizionario giapponese-italiano.

Andiamo avanti. Il passo che parla di obligation delictuelle viene inquadrato senza tentennamenti nell’area del diritto civile, e delictuelle diventa così «fuhô kôi», cioè, ritraducendo in italiano, fatto illecito. Curiosamente, o forse no, non si trova un corrispondente giapponese con sfumature esclusivamente civilistiche del termine sanzione. Assisto per qualche decina di secondi al consulto tra i madrelingua, che snocciolano diversi termini, sui quali però non vedo formarsi un accordo.
Il professore scuote la testa per via delle sfumature lato sensu penalistiche che tutti i termini presi in considerazione presentano. Che sia un retaggio, crittotipico, del carattere del diritto giapponese tradizionale? Alla fine il problema è risolto con il solito katakana: sa-n-ku-sho-n, ovvero «sanction», che è la traduzione ormai radicata nelle scienze sociali, tra cui la sociologia del diritto.

Sarà perché il discorso non verte più su animali o soprabiti, sarà che abbiamo imparato a conoscere lo stile di Sacco, sarà che alcuni problemi sono stati già sviscerati in precedenza, ad ogni modo stiamo procedendo velocemente. Se nelle prime lezioni si riusciva a malapena a fare una pagina per volta, ora abbiamo superato la pagina quando è da poco trascorsa metà lezione.

Oggi ciascuno di noi riuscirà a prendere la parola ben 3 volte. Questo non vuol dire che non vi sia attenzione alle scelte traduttive, anzi, su alcune parole si continua a spezzare il capello in due, trovando non solo la traduzione standard ma anche la versione non più in uso, ad abundantiam: «cooperazione» può essere «kyôryoku», ma anche «kyôdô kôi», «atti comuni»; l’espressione «è tutto» che chiude il discorso non è solo «ijô dearu», ma un più preciso «soredake da». Passiamo alla composizione tra le parti e il termine scelto dal professore è saitei; non ho ragione di dubitare che essa sia la scelta migliore, ma proprio per questo motivo la fiducia nel mio dizionario giapponese-italiano, che per questo termine propone suggerimenti di traduzione un po’ lontani, come «decisione; decisione arbitrale, sentenza; arbitraggio», subisce l’ennesimo colpo.

Oggi tuttavia le questioni che ci impegnano di più sono legate alla grammatica francese.

Se ne va così anche la seconda metà della lezione. Abbiamo sforato di una decina di minuti ma il professore ci teneva a concludere quella che considera l’introduzione.
Dalla prossima lezione, che sarà una delle ultime, inizieremo ad affrontare la parte principale del discorso.

(puntata precedente)                                                                                                      (continua)

8 pensieri riguardo “Leggere Antropologia giuridica di Rodolfo Sacco a Tokyo (IX)

  1. LOL, ma non ti sembra assurdo tradurre da una traduzione? E’ ovvio che le sfumature tanto ricercate da voi si sono già perse nella prima traduzione, tanto più che in Francia molti istituti italiani non esistono, e viceversa. Non tieni un testo in italiano come raffronto?

    1. Sono d’accordo, in teoria sarebbe assurdo, ma “Anthropologie juridique” non è una traduzione. In linea di massima il testo francese corrisponde ad “Antropologia giuridica”, e potrebbe sembrare una traduzione, ma è stata scritta dallo stesso autore Rodolfo Sacco, che parla il francese come un madrelingua, in francese.
      Io naturalmente tenevo l’italiano sottomano, ma questo perché il mio francese non è al livello di quello di Sacco!

      1. Anche se è stato scritto in francese, è come se fosse una traduzione, seppure avvenuta nella mente dell’autore stesso. Succede sempre così quando si parla di diritto comparato, o di diritto che spazia in più ordinamenti, dato che gli istituti, le regole, i retaggi non corrispondono mai al 100%.
        Quello che voglio dire, in definitiva, è che un autore italiano dovrebbe essere letto sempre in italiano, se esiste una versione in più lingue. Ma questa è solo la mia umile opinione 🙂
        Lo sapevo che avevi la versione italiana e non penso sia a causa del francese 😉

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