Leggere Antropologia giuridica di Rodolfo Sacco a Tokyo (VIII)

Leggere Antropologia giuridica di Rodolfo Sacco a Tokyo (VIII)

1 dicembre 2009

Siamo tornati ad essere in 5. Inizia a tradurre Kawada, che, essendo stato l’ultimo a parlare la volta scorsa, viene preso in contropiede, e lo sentiamo un po’ titubante. Termina la sua versione ed il professore lo riprende sulle particelle:

– Non è «wa», ma «ga».

Mi consola constatare che anche i nativi commettono errori quando viene in questione uno dei segreti meglio custoditi della lingua giapponese, cioè i casi in cui debba essere usato «wa» – che tanto per semplificare le cose si scrive «ha» – e i casi in cui invece occorre usare la particella «ga». Naturalmente, ad una nota positiva non può che accompagnarsene una negativa: parlando di marcatura del territorio mi ero ingegnato a trovare un termine giapponese, arrivando ad un goffo shirushi tsukeru, ma la traduzione corretta è il prestito, dall’inglese «marking», «maakingu», scritto ovviamente in katakana.

Arriviamo a «Le specificità del diritto si fanno sentire più acute…» e sento tradurre «kenri», cioè diritto soggettivo e non «», cioè diritto in senso oggettivo, diritto come corpo di regole, che mi sembra l’accezione usata in questo passo. Il confronto della versione francese e italiana non fornisce elementi che aiutino l’interpretazione, occorrerebbe chiedere all’Autore, ma provo a sollevare una domanda, rimanendo sul vago come richiede l’etichetta giapponese:

– E riguardo a questo «droit»…?

Kawada risponde sul merito, spiegando non la scelta di traduzione ma riassumendo il contenuto del paragrafo. Non era questo che cercavo, ma non ci sono obiezioni all’uso reiterato di kenri anche durante questa breve discussione, quindi mi rassegno alla nuda verità, cioè che non sono lì per insegnare il giapponese ai giapponesi.

– Va bene, altre domande? …no? Dunque, proseguiamo… Nakajima-san.

Nakajima e poi Hashimoto leggono, traducono, discutiamo i problemi linguistici e i dubbi riguardo al contenuto. Si accenna all’etimologia di transumanza e a Montesquieu. Tocca a me e discutiamo la mia traduzione di «patto» tra l’Antenato e la Terra, che – naturalmente – non è jôyaku ma yakujô. Il professore, parlando dell’impossibilità di disporre del potere sacrale legato alla terra, dice che in un certo senso gli sovviene il Giappone premoderno ed il ruolo dei templi shintô, i jinja:

– Mah, forse è un po’ riduttivo, però si può tracciare un parallelo.

E ancora le reminiscenze del Giappone premoderno affiorano qualche riga più in basso, quando parlando di capi della terra e capi politici estratti da una comunità sopraggiunta (immigrata o conquistatrice) che non vogliono mettersi in rottura con la Terra e con le forze soprannaturali che si collegano con essa, Nakajima interviene con una domanda non proprio innocente:

– Come quando sono arrivati gli americani e hanno mantenuto il Tennô?

Un breve istante di sorrisi abbozzati, cinque paia di occhi sorpresi che si incrociano. Il professore:

– Mah… sì… diciamo così, hehehe.

Oggi andiamo avanti molto spediti. Pochi problemi di traduzione, poche divagazioni. La versione francese inoltre non contiene il capitolo di digressione sul diritto attuale, perciò siamo già alla ricerca della fonte dell’obbligazione.

L’ultima pausa riguarda iuris vinculum, per spiegare il quale il professore si alza, si gira verso la lavagna bianca, dice «Questo ricordatevelo» e scrive il famoso passaggio di Institutiones III, XIV, pr.: «Obligatio est juris vinculum quo necessitate adstringimur alicujus rei solvendae, secundum nostrae civitatis jura».

Arrivano le 12, la lezione finisce.

(puntata precedente)                                                                                                      (continua)

4 pensieri riguardo “Leggere Antropologia giuridica di Rodolfo Sacco a Tokyo (VIII)

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