Il caso Olympus

Il caso Olympus

Il 14 ottobre il Consiglio di amministrazione di Olympus ha licenziato in tronco, in una riunione durata una decina di minuti, l’amministratore delegato Michael Woodford, britannico, in azienda dal 1980.

La motivazione addotta: Woodford non era riuscito a capire lo stile di gestione di Olympus, e più in generale non era riuscito a capire la cultura giapponese.

Al termine del CdA, Woodford ha preso il primo aereo, è andato a Londra e ha iniziato a vuotare il sacco con i giornali e con le autorità.
Ne sono uscite, ne stanno uscendo, delle belle.
Questo articolo del Post riassume bene e in maniera chiara la vicenda; anche altre testate italiane si sono occupate della vicenda. Non c’è bisogno quindi di ripetere le stesse cose, mi limito dunque ad aggiungere un paio di dati.

Per chi fosse interessato, ecco la dura lettera che Woodford aveva fatto circolare prima del CdA chiedendo le dimissioni dei colleghi.

Piccoli dispetti: il mensile finanziario di nicchia FACTA, che aveva iniziato a indagare sulla vicenda, nell’indifferenza totale dei principali media giapponesi, non è stato ammesso alla conferenza stampa in cui Tsuyoshi Kikukawa ha rassegnato le dimissioni da AD. Hiroko Tabuchi, corrispondente del NY Times da Tokyo la mette così: “Economist wasn’t allowed in, either. I think they banned all magazines just to keep out Facta.

Ad ogni modo, la vicenda è in continua e rapida evoluzione.
Woodford ha parlato con il Serious Fraud Office britannico e con l’FBI, ci saranno probabilmente sviluppi degni di nota.
Al momento le ultime notizie importanti arrivano da Reuters, che allude a vicende di conflitti di interessi, e che cita il nuovo AD accusare Woodford per aver rivelato informazioni riservate, e dal Financial Times, che descrive come il nuovo AD si sia arroccato a difendere quello che al momento appare piuttosto indifendibile.
Qui l’ultimo pezzo del NYT.

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